Una terra ancora martoriata dalla guerra, non a caso definita “Cimitero degli Imperi”, (l’espressione che fa riferimento alla storia dell’Afghanistan come terra invasa dagli inglesi in tre occasioni, dai russi e prima di loro da altri eserciti stranieri come quello iraniano) ma mai realmente conquistata.
L’Afghanistan, non trova pace ed è teatro quasi giornaliero di attacchi terroristici, responsabili della perdita di centinaia di vite umane.
Dopo le sconfitte ottenute dall’Isis a Mosul (Iraq) e Raqqa (Siria) il gruppo terrorista potrebbe spingere verso l’Afgnahistan, spostando il centro delle azioni in Asia, come si è recentemente visto nelle Filippine.
All’agenzia Dire Claudio Bertolotti, analista strategico per Itstime (Italian Team for Security, TerroristicIssues and ManagingEmergencies) descrive così l’attuale situazione afghana: “Da un lato abbiamo i Talebani, dall’altro lo Stato Islamico (Is) nella sua variante sul continente indiano, in particolar modo in Afghanistan e Pakistan, che sta dimostrando una forza e una capacità organizzativa sempre crescenti. Questo ha portato a un maggior numero di incidenti, di attacchi e morti. E ha portato lo stato afghano a non poter più gestire il livello di conflittualità del Paese e dover dipendere sempre più dalle forze statunitensi, come già accaduto in passato”.
Un altro elemento da considerare sullo scacchiere è l’oppio, la cui produzione, secondo stime dell’agenzia sulle droghe dell’Onu, è cresciuta del 43 per cento tra 2015 e 2016, con un aumento del 10 per cento degli ettari consacrati al papavero da cui si ricava lo stupefacente (da 183 a 201mila).
Il Paese produce circa il 90-92 per cento dell’oppio mondiale e questo, secondo Bertolotti, contribuisce ad alimentare uno stato di guerra. Più oppio si riesce a vendere nel mercato del narcotraffico, più denaro per acquistare armi si riesce ad ottenere. E il mercato dell’oppio è oggi nella mani di talebani e altri gruppi armati.
E’ di queste ore l’annuncio attraverso le agenzie di stampa che oltre 4mila soldati stanno per essere inviati dall’amministrazione Trump nel Paese, anche se l’ufficialità dell’annuncio dovrebbe arrivare la prossima settimana.
Uno degli obiettivi Usa potrebbe essere quello di sovvertire l’attuale situazione di stallo del conflitto avviato nel 2001. Quello in Aghanistan è l’impegno militare più longevo per gli Stati Uniti dalla fine della seconda guerra mondiale.
Nel corso del proprio mandato Barack Obama aveva ridotto i militari, che inizialmente superavano le centomila unità, e aveva per un periodo sperato di richiamare tutti negli Stati Uniti prima della fine della legislatura.
La guerra in Afghanistan rappresenta la storia di una sconfitta per molti, a partire dagli Usa. Dopo migliaia di vite umane perse (duemila i militari statunitensi morti dal 2001) sedici anni e circa 800 miliardi di dollari investiti (secondo una stima riportata da Internazionale) la soluzione è quanto mai lontana. Restare nel Paese costa ogni mese al pentagono circa tre miliardi di dollari.
Prima di essere eletto, Trump si era detto molto scettico sulle operazioni militari all’estero, a partire dall’invasione dell’Iraq.
Da quando è presidente, però, ha iniziato a mostrare i muscoli, tentando, con il bombardamento di una base aerea siriana, di riprendere i panni di ‘Gendarme dell’ordine internazionale’.