di Maurizio Sacchi
L’arresto a Londra di Julian Assange è stato riportato con abbondanza di particolari da tutti i media internazionali. La gran parte dei commenti si concentra sulle ragioni, immediate e remote, del ritiro da parte del governo dell’Ecuador dello status di rifugiato al “whistblower” -il “suonatore di fischietto”- che ha svelato “oltre 400mila rapporti significativi dell’Esercito americano sull’Irak, oltre 90mila rapporti dello stesso tenore sull’Afghanistan”, e un numero enorme di telefonate riservate su temi protetti da segreto.
Formalmente, l’accusa da parte di Lenìn Moreno, il presidente del Paese andino che è succeduto nel 2012 a Rafael Correa, riguarda l’imbarazzo causato da Assange e dal suo Wikileaks al governo di Quito con “governi stranieri”. Si tratta fra l’altro dell’episodio del 2017, in cui Wikileaks ha pubblicato un commento di Assange, favorevole all’indipendenza della Catalogna che ha causato malumore a Madrid, e avrebbe guastato le relazione fra i due Paesi.
A questa ragione politica, se ne aggiungono altre, legate alle rotture ripetute del “protocollo quotidiano” da parte di Assange, durante la sua permanenza forzata, durata più di sette anni, nell’ambasciata ecuadoriana a Londra: da scorribande in skate-board, a partite di calcio “nei ristretti spazi dell’ambasciata”.
Viene anche questionata la concessione della cittadinanza all’hacker, voluta da Correa; e si cita perfino l’imbarazzo causato da Assange, con comportamenti legati alla sua “cattiva digestione”. A parte queste accuse quasi boccacesche, più credibilmente le ragioni di Moreno sono legate alla pubblicazione da parte di Wikileaks delle cosiddette “carte INA”, che rivelerebbero i conti illegali all’estero di Lenin Moreno, con denaro proveniente da corruzione o di altra dubbia provenienza.
Accuse che il Presidente respinge. Ma Moreno ha anche altre ragioni per questa mossa: il Fondo monetario internazionale sta infatti stringendo i suoi controlli su Quito, in una situazione debitoria sempre più grave. Dato il peso che gli Usa hanno nell’organizzazione, e la necessità dell’Ecuador di mantenere un buon rapporto con i centri finanziari internazionali, questa mossa può trovare qui una sua spiegazione.
Interrogato sull’argomento, Trump ha dichiarato che il caso Assange non è “un problema mio”. Forse non si tratta semplicemente di una mossa diplomatica, nè di un atto di fiducia nei confronti della magistratura della Virginia, che ha emesso l’ordine di arresto, e la richiesta di estradizione. Il presidente americano potrebbe avere sue ragioni per non scaldarsi troppo.
Oltre al caso dei segreti militari, carpiti da Chelsea Manning, agente dell’intelligence americana ai tempi dell guerra in Irak, e passati ad Assange in varie riprese, più recentemente, Assange è stato sotto attacco per il rilascio della sua organizzazione durante la campagna presidenziale americana del 2016 di migliaia di e-mail rubate dal Comitato Nazionale Democratico, portando a rivelazioni che hanno messo in imbarazzo il partito e la campagna di Hillary Clinton.
Gli investigatori americani hanno collegato tali rivelazioni a azioni concrete compiute dai responsabili della campagna di Donald Trump per danneggiare la signora Clinton, ma Robert S. Mueller III, il consigliere speciale che indagava sull’intromissione delle elezioni russe, non ha presentato alcuna accusa contro il signor Assange.
Ora però l’attenzione è concentrata sulla magistratura britannica. Come noto, nel Regno unito Assange non rischia nemmeno il carcere: è accusato di aver violato le norme sul rilascio sotto cauzione, con pene che non dovrebbero portarlo in cella. Il vero problema è come deciderà la Corte di Westminster , riguardo alla richiesta di estradizione da parte di Washington.
Al riguardo, nella sua sezione di opinioni, il Guardian di Londra riporta un punto di vista interessante: secondo cui si riconosce il reato commesso da Assange, ma si afferma che consegnarlo agli Usa sarebbe un gravissimo precedente perché Assange passerebbe quasi certamente il resto dei suoi giorni in un carcere americano. E perché il messaggio che ne verrebbe sarebbe quello di un attacco alla trasparenza e al diritto di informazione.
Sugli abusi commessi in Irak e Afghanistan dalle truppe americane si è poi saputo molto. E che Wikileaks abbia svolto un ruolo fondamentale nel far conoscere agli elettori come e per quali scopi si muovessero le forze armate americane è fuori di dubbio. Per questo, la decisione della magistratura britannica non mancherà di sollevare polemiche.