Il Capodanno dell’Onu

Bilancio amaro per il 2022 ma anche qualche segnale di speranza. Antonio Guterres promette una svolta sul clima

di Gianna Pontecorboli

New York – Quello che sta per terminare è stato, senza alcun dubbio, uno degli anni più difficili nella ormai lunga storia dell’Onu. Ma è anche stato, forse, uno degli anni in cui proprio gli ostacoli e le evidenti inadeguatezze dell’organizzazione internazionale messo in luce la volontà di cercare delle soluzioni magari parziali ma concrete per tentare di risolvere vecchi e nuovi problemi.

Durante un lungo incontro con i giornalisti accreditati all’Onu, è stato lo stesso Segretario generale Antonio Guterres a mettere a fuoco, nei giorni scorsi senza mezze parole, le amarezze ma anche le speranze che hanno contrassegnato il primo anno del suo secondo mandato. E a parlare non soltanto delle tragedie che si leggono ogni giorno sui giornali, ma anche dei piccoli passi spesso ignorati dalla stampa ma che in qualche modo stanno cambiando gli scenari mondiali.

”Le divisioni geopolitiche hanno reso la soluzione dei problemi globali anche più difficile e qualche volta impossibile… Ma finisco quest’anno con una ferma convinzione. Questo non è il momento di rimanere in disparte, è il momento della determinazione e perfino della speranza”, ha osservato Guterres.  “Malgrado le limitazioni, lavoriamo per trovare delle soluzioni reali, magari non delle soluzioni perfette, ma delle soluzioni pratiche che possano fare una differenza nelle vite della gente”.

Al primo posto, ovviamente, è rimasta la guerra in Ucraina, un conflitto per cui lo stesso Guterres non vede all’orizzonte delle serie trattative di pace almeno fino alla fine del 2023. Anche se lo scenario resta allarmante , qualche piccolo passo è stato fatto e ve ne sono altri allo studio. Grazie all’accordo sul grano, il Black Sea Grain Initiative, 14 milioni di tonnellate di grano sono partite dai porti dell’Ucraina e 380.000 hanno raggiunto paesi in crisi come l’Afghanistan, l’Etiopia, la Somalia e lo Yemen. Adesso, si lavora per far salvare i raccolti del prossimo anno facendo partire verso l’Africa i fertilizzanti russi finora bloccati dalle sanzioni nei porti europei. Inoltre, lo sforzo per favorire lo scambio dei prigionieri, che ha già avuto qualche successo , si sta ampliando.

E mentre gli occhi del Mondo sono rimasti fermi sul dramma dell’Ucraina, all’ombra del Palazzo di Vetro la diplomazia ha fatto qualche passo utile. In Etiopia l’Unione Africana si è impegnata per un accordo di pace e ha ottenuto un cessate il fuoco che fino ad ora ha retto, in Congo, l’Angola si è messa alla guida delle sforzo diplomatico per risolvere le tensioni nella parte orientale del Paese, in Yemen una tregua sia pure fragile ha concesso un attimo di respiro a una popolazione martoriata da troppi anni.

Un discorso per molti versi analogo, poi, Antonio Guterres lo ha fatto sul dramma della crisi climatica. Il 2022, ovviamente, si è chiuso con un panorama preoccupante, che ha visto i paesi più inquinanti sempre più arroccati sulle proprie posizioni malgrado qualche piccola concessione nei confronti dei paesi più poveri e più colpiti, e le prospettive di una reale diminuzione del riscaldamento globale sempre più lontane. A questo riguardo però, il Segretario generale ha annunciato a sorpresa, durante il suo incontro con i giornalisti, una nuova e provocatoria iniziativa.

A settembre del 2023, ha detto, sarà convocata una riunione dei leader mondiali, non soltanto i governi, ma anche le imprese e la società civile, le città e le regioni. Per partecipare a quello che ha chiamato il Climate Ambition Summit, ha spiegato, ”Ci sarà un prezzo di ingresso e non sarà negoziabile: dovranno essere presentate delle soluzioni credibili,serie e basate sulla natura. Sara’ il summit del concreto, niente eccezioni e niente compromessi”. Insomma, niente promesse vaghe e impegni ambigui.

Per dimostrare che la crisi climatica e la guerra in Ucraina hanno comunque messo in moto una volontà di cambiare che era rimasta sottotono per molti anni e che coinvolge non soltanto le Nazioni Unite nel loro complesso ma anche molti dei paesi membri, Guterres ha citato, solo per fare un esempio, la volontà espressa da molti paesi di fare finalmente qualche passo concreto verso la riforma del Consiglio di Sicurezza. ”La questione centrale riguarda la composizione del Consiglio di Sicurezza e il diritto di veto”, ha spiegato, ”e queste sono questioni che riguardano gli Stati membri e in cui il segretariato non ha voce. Ma quest’anno per la prima volta ho sentito dire chiaramente dagli Stati Uniti e dalla Russia che sono in favore di un allargamento dei membri permanenti e ci sono state, da parte della Francia e della Gran Bretagna, delle proposte per delle restrizioni al diritto di veto”.

Adesso, anche se tutti sanno che limitare o addirittura abolire il diritto di veto resta un obbiettivo impossibile, visto che per farlo occorrerebbe il voto favorevole proprio di quei paesi , come la Russia, che lo hanno utilizzato tanto spesso quest’anno per bloccare le risoluzioni di condanna, quell’allargamento per cui tanti Paesi si battono da anni non sembra più un sogno impossibile. E tra le mura del Palazzo di Vetro, nei giorni scorsi, sia l’India sia diversi paesi africani hanno lasciato capire con chiarezza di aspettarsi a tempi brevi un posto ambito accanto ai potenti ”cinque grandi”.

Un ”annus horribilis” insomma, che ha lasciato l’Onu ferita, inquieta e spesso sommersa dalle accuse di essere diventata incapace di realizzare il suo mondato, ma anche un’organizzazione internazionale che proprio la crisi sta spingendo a cambiare e a rimettersi in moto.

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