Il drammatico Risiko mondiale. Il punto

L’obiettivo inseguito dal Governo israeliano appare sempre più chiaro: la soluzione finale del problema palestinese, con la cacciata di un intero popolo da casa propria

di Raffaele Crocco

A Gaza si muore da 174 giorni. L’elenco dei morti ha raggiunto, almeno ufficialmente 32.500 uccisi: probabilmente sono molti di più, dicono gli osservatori. Mancano quelli rimasti sotto le macerie, dispersi dalla follia della guerra. La speranza che il cessate il Fuoco votato dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu portasse il governo Netanyahu a frenare l’azione militare è durata poco. La novità dell’astensione degli Stati Uniti – da sempre contrari ad ogni misura contro Israele – non ha modificato l’azione sul campo. L’isolamento sempre più palpabile non ha frenato Tel Aviv, che ha colpito Rafah, a sud della Striscia, là dove sono ammassati un milione e mezzo di profughi ed ha bombardato il Sud del Libano. Contemporaneamente, i coloni in Cisgiordania e la destra israeliana a Gerusalemme hanno bloccato gli uffici dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi.

E’ un quadro d’orrore, quello dipinto ogni giorno a Gaza e in Cisgiordania. L’obiettivo inseguito dal Governo israeliano appare sempre più chiaro: la soluzione finale del problema palestinese, con la cacciata di un intero popolo da casa propria. Gli Stati Uniti insistono, dopo il voto all’Onu. Chiedono a Tel Aviv di fermarsi. Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale statunitense, John Kirby, all’emittente israeliana Channel 12 ha spiegato che gli Usa ritengono “che una grande operazione di terra a Rafah sia un errore:  “Pensiamo che ci siano altri modi di colpire Hamas a Rafah”. Un messaggio chiaro, caduto nel nulla. Borrell, il Commissario dell’Unione Europea per la politica estera, ha invece ribadito che” consentire un accesso umanitario urgente e sicuro a Gaza è un dovere legale di Israele”. Un intervento, il suo, che nasce dalla denuncia di Medici senza Frontiere e di altre organizzazioni non governative: il rischio carestia è sempre più imminente per la popolazione della Striscia. E mentre l’Irlanda decide di schierarsi a sostegno del Sud Africa, nel caso avviato contro Israele alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja per genocidio, Muhammad Deif, capo militare di Hamas, chiede al Mondo arabo di marciare verso la Palestina e “prendere parte alla liberazione della moschea di al Aqsa a Gerusalemme”. Deif è ricercato dal 1995. E’ sfuggito a sette attentati israeliani e pare si nasconda, ora, a Gaza. La sua è una voce autorevole e il messaggio è chiaro: allargare il perimetro del conflitto, regionalizzare lo scontro.

E’ nella logica del Risiko planetario che si sta giocando fra “filoamericani” e “antagonisti”. Nel mar Rosso è affondata dopo giorni d’agonia la Rubymar, nave che batteva bandiera liberiana, attaccata nelle scorse settimane dagli Houthi yemeniti. Gli attacchi alle navi mercantili filoccidentali e pro israele continuano, nel nome della solidarietà al popolo palestinese. Le flotte europee e statunitensi inviate a presidiare l’area non riescono a fermare gli attacchi, che stanno mettendo in crisi parte del commercio mondiale.

Più distante, sul fronte russo – ucraino, la globalizzazione dello scontro ha colpito Mosca, con l’attentato dell’Isis K che ha massacrato 139 persone e ne ha ferite 180. La Russia, impegnata con la propria intelligence contro l’Ucraina, era probabilmente un bersaglio facile. Ma la cosa interessante è che gli integralisti hanno colpito la Russia per dimostrare la loro estraneità al Risiko mondiale, giocato – secondo la loro visione – da forze che sono contrapposte, ma hanno il medesimo modello di vita. Questo significa che, nella partita, esiste un terzo giocatore, pronto a scendere in campo contro tutti. Dell’integralismo targato Isis, con i suoi progetti di unità dell’Islam sunnita in una grande califfato planetario, ci eravamo quasi dimenticati. Eppure, è attivo in Africa, dove gli stati sub sahariani del neonazionalismo africano, cercano di bloccarlo. Ed è presente in molte altre parti del Mondo. Una variabile importante, che aggiunge follia alla pazzia di questo lungo e sanguinoso confronto.

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