La guerra alla droga di Dacca

Caccia all'uomo in Bangladesh con vittime e arresti di massa. Il modello Filippine si espande

“Se non si taglia la domanda (di stupefacenti) come si può pensare di fermare lo spaccio”? Se lo chiedono oggi sul Daily Star, giornale in lingua inglese di Dacca, due opinionisti – Inam Ahmed e Shakhawat Liton – che fanno il punto sull’incapacità di risposta – sanitaria e legislativa – del Bangladesh sul problema della diffusione degli stupefacenti, in particolare della yaba, una metanfetamina molto diffusa in Asia e che crea forte dipendenza psicologica.

In Bangladesh è in corso una vera e propria guerra alla diffusione di droghe che ha ormai assunto i connotati e i numeri di un vero e proprio conflitto interno al paese: a fine maggio – sempre secondo il Daily Star – erano state uccise 108 persone in sole due settimane. La crociata, che utilizza mezzi molto simili a quelli impiegati dal presidente filippino Duterte e per i quali – come nel caso filippino – non si esita a utilizzare la locuzione “esecuzioni extragiudiziarie”, avrebbe portato a questi risultati: l’arresto di circa 10mila individui legati al traffico; 3.276 già in carcere o multati con sentenza del tribunale.

Sarebbero state confiscate oltre 2 tonnellate e mezzo di cannabis, 26 chili di eroina, migliaia di litri di liquore prodotto localmente, 23mila bottiglie di phensedyl (un farmaco che contiene clorofenamina e codeina) e qualcosa come 23mila tavolette di yaba (detta anche “droga della pazzia”).
La premier Sheikh Hasina ha confermato il pugno di ferro, sostenendo che nessun “padrino” sarà risparmiato, e ha cercato di gettare acqua sul fuoco delle polemiche nate quando è stato fin troppo chiaro che tra i 10mila arrestati c’erano sia spacciatori sia consumatori e che molto probabilmente tra quegli oltre cento morti vi erano persone addirittura innocenti. Gli osservatori più acuti citano la storia recente e i fallimenti nel mondo delle varie “guerre alla droga” che uccidono e privano della libertà senza risolvere il problema. Molti ritengono infatti che la battaglia contro gli stupefacenti possa essere combattuta più efficacemente sul piano legislativo (con la depenalizzazione di alcune sostanze) e con la creazione di centri di cura, riabilitazione e reinserimento sociale per i consumatori, considerati dei malati e non dei delinquenti.

Il Bangladesh sembra però aver scelto di seguire le orme di Duterte, riuscendo però ad evitare per ora i riflettori della stampa internazionale. Nelle Filippine, a metà 2017, il britannico The Guardian riportava un bilancio – a un anno dall’insediamento del presidente – di quasi 6mila morti tra filippini coinvolti a diverso titolo in vicende legate al narcotraffico. Un bilancio che, secondo le stime riportate dall’articolo di Inam Ahmed e Shakhawat Liton, sarebbe arrivato nel 2018 a 12mila vittime.

Nella foto di copertina, un’immagine a corredo di un articolo del Daily Observer che illustra un sequestro di phensedyl (un farmaco che contiene clorofenamina e codeina)

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