Liberate quei giornalisti

Sette anni di prigione ai reporter birmani Wa Lone e Kyaw Soe Oo della Reuters.  La loro colpa? Aver cercato la verità nel  caos di un conflitto. Un coro internazionale ne chiede la scarcerazione
Min Aung Hleing, a capo dell’esercito birmano. Ammise la strage su cui indagava Reuters

E’ una sentenza choc quella pronunciata ieri in Myanmar contro Wa Lone e Kyaw Soe Oo. Sette anni di carcere per due giornalisti birmani che lavorano per Reuters, l’agenzia di stampa britannica che, come altre, ha indagato sulla vicenda dei Ronhingya, la minoranza musulmana cacciata dal Myanmar più volte  e, un anno fa, espulsa con cifre bibliche: oltre 700mila persone fuggite in Bangladesh lasciandosi alle spalle villaggi bruciati, parenti assassinati, donne stuprate, raccolti saccheggiati. Ma Wa Lone e Kyaw Soe Oo quella vicenda l’hanno seguita troppo bene. E così ieri una corte li ha condannati a sette anni di galera. La colpa? Verrebbe da dire – trasgredendo l’imperativo dell’asciutta cronaca – aver detto la verità. La sentenza dice invece che sono colpevoli di aver avuto in mano documenti segreti che potevano mettere a repentaglio la sicurezza dello Stato.

I due giornalisti stavano raccogliendo prove sulla strage di dieci rohingya avvenuta a Inn Din nel Nord del Rakhine nel settembre 2017. Si trovano in un bar il 12 dicembre con due poliziotti che avevano promesso un rapporto confidenziale. E’ una trappola però. Un testimone della polizia – ricorda la Bbc – durante il processo ha detto che l’appuntamento era una semplicemente un trucco. Quel rapporto in realtà la pubblicazione non la vedrà dunque mai ma le testimonianze raccolte dai due giornalisti faranno, con l’aiuto dei colleghi, il giro del mondo. Ed è questo il vero motivo per cui sono stati arrestati e condannati. Aver cercato la verità su un massacro che gli stessi militari hanno ammesso, nel gennaio di quest’anno, con un post su Facebook di Min Aung Hlaing, il capo dell’esercito: ha scritto che soldati e abitanti del villaggio hanno confessato di aver ucciso dieci sospetti combattenti Rohingya.

Michelle Bachelet, già presidente cilena, ora è a capo della Commissione Onu per i diritti umani

I due giornalisti hanno reagito alla sentenza con dignità e fermezza dichiarandosi innocenti. Kyaw Soe Oo era per altro già stato esplicito: “Quello che voglio dire al governo è: puoi metterci in prigione, ma non chiudere gli occhi e le orecchie della gente” aveva detto, ricorda Al Jazeera, all’inizio dell’anno. La sentenza ha suscitato reazioni fortissime per un caso trascinatosi in tribunale per mesi e che sembra la risposta al documento che l’Onu ha appena reso noto e che accusa il vertice militare birmano di genocidio. La nuova Commissaria per i diritti umani Michelle Bachelet ha definito il processo un “travisamento delle giustizia”

Knut Ostby, coordinatore degli aiuti Onu in Myanmar, ricorda che “Le Nazioni Unite hanno costantemente chiesto il rilascio dei giornalisti della Reuters e hanno sollecitato le autorità a rispettare la loro libertà di espressione e informazione”. Gli ambasciatori statunitense e britannico, presenti alla condanna, hanno definito il verdetto un duro colpo per la transizione della Birmania verso la democrazia. Iqbal Sobhan Chowdhury, consigliere della premier bangladese Sheikh Hasina, ha condannato fermamente il verdetto e Kristian Schmidt, ambasciatore Ue nel Paese, ha scritto su Twitter che i due reporter “dovrebbero essere rilasciati immediatamente”.

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