Il 12 maggio il Presidente del Venezuela Nicolás Maduro ha annunciato in un discorso alla televisione di Stato di essere disposto a dialogare con il leader dell’opposizione Juan Guaidó: “Ora Guaidó vuole sedersi con me per parlare, e io sono d’accordo, con l’aiuto dell’Unione Europea, della Norvegia, del Gruppo di contatto. Quando vogliono, dove vogliono e come vogliono“. Ma ha aggiunto: ”Cosa porterà in mano, quale trappola porterà? [Guaidó] è un burattino del Nord (…) un fallito leader dell’opposizione, ora gli tocca parlare con Maduro”.
Malgrado il tono non certamente conciliante, il passo forse apre il cammino a una risoluzione della crisi politica, e soprattutto umanitaria, che ha portato a un esodo di circa 3 milioni di venezuelani, al collasso economico e sociale il Paese, e a violenti scontri sia nelle città, che alla frontiera con la Colombia, che ha ricevuto la gran parte dei rifugiati, e che è l’avversario più radicale del regime chavista. Il discorso di Maduro fa seguito a una proposta di Juan Guaidó che aveva appena annunciato un “patto politico”, garante la comunità internazionale, per concordare un calendario di elezioni presidenziali, parlamentari e comunali “eque e verificabili” . E un accordo che permetta l’arrivo massiccio di vaccini, oltre al rilascio dei prigionieri politici, e al ritorno degli esuli.
Nella crisi aggravata dalla pandemia, il governo di Nicolás Maduro ha finalmente permesso ai funzionari delle Nazioni unite di entrare in Venezuela con il Programma alimentare mondiale, e ha fatto altre concessioni che sembrano aprire la via a una pacificazione e a rompere l’isolamento del Venezuela. Maduro ha confermato la riforma del Consiglio elettorale nazionale, portata avanti con una fazione rivale di Juan Guaidó, e che prevede l’organizzazione di elezioni generali che escludono però la Presidenza e il Parlamento. “Il percorso del Paese è già tracciato, e va verso una mega-elezione in quest’anno 2021, e (Guaidò) sta solo cercando diiscriversene il merito.”
Il governo chavista sta tessendo relazioni non ufficiali con gli Stati uniti fin dall’insediamento Joe Biden. Secondo alcuni osservatori, ciò potrebbe preludere all’apertura di un Ufficio d’affari statunitense a Caracas, che anche se non avrebbe funzioni diplomatiche in senso proprio, potrebbe avviare a una soluzione politica della crisi. Ma al momento dall’amministrazione Biden non si ha alcun segnale di modifica delle sanzioni imposte sul Venezuela dal predecessore Donald Trump.
(Red/Ma.Sa.)