di Alice Pistolesi
L’arresto di Alexei Anatolievich Navalny, l’oppositore sopravvissuto all’avvelenamento e poi incarcerato, ha fatto emergere in Russia una situazione di forte tensione, a cui sono seguite manifestazioni represse duramente dalla polizia.
Per capire da dove viene questo malessere e cosa succede nella Federazione (e non solo) abbiamo rivolto alcune domande a Danilo Elia, giornalista della Tgr Rai, inviato per Est Ovest per la Tgr Rai e collaboratore dell’Atlante delle guerre.
Il vero problema di Putin è il dissidente Alexei Navalny? Se non lo è quali sono le reali questioni?
Prima di tutto dobbiamo partire dalla definizione stessa di dissidente. Quando Navalny era in cura in Germania le autorità russe lo definivano il ‘paziente tedesco’, per sottolineare quanto volessero ignorarlo, ma viene definito anche blogger o oppositore. La sua figura è sicuramente molto controversa, ma è secondo me sbagliato inquadrarlo come puro politico, quindi come oppositore di Putin in senso stretto. Per andare ancora più a fondo, poi, l’idea che all’estero si ha di Navalny come leader liberale, è falsata. Navalny è stato sostenitore di posizioni di estrema destra con tesi nazionaliste, xenofobe e di sostegno all’annessione della Crimea, quindi non esattamente un liberale.
A mio parere Navalny ha seguito un percorso opportunistico e ha cercato di erodere il potere nella maniera che più paga in popolarità: denunciando la corruzione, diventandone il paladino. In Russia è evidente il divario che esiste tra pochi mega ricchi, che occupano tra l’altro le più alte cariche dello Stato, e le classi povere. Questo non può che far arrabbiare i russi. Navalny, con i suoi video su youtube centrati su questo tema ha saputo sollecitare la reazione della classe media che sta affrontando da anni una forte crisi. Oggi in Russia non ha speranza di successo, ad esempio, chi professa uguaglianza dei diritti, tutela delle minoranze, questioni lgbt. Per questo ha scelto altri canali per ottenere visibilità.
Nonostante la popolarità ottenuta e le grandi manifestazioni dei giorni scorsi sono comunque pochi a credere che Navalny possa impensierire Putin.
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Il dissidente Navalny potrebbe avere i numeri per spaventare Putin?
Se è vero che non possiamo dire che il potere stia vacillando, dall’altro lato la reazione molto violenta della polizia indica che il Cremlino ha le antenne alzate e che non sta lasciando correre. Non è una novità ma è anche indice che il regime non tollera nulla e questa è dimostrazione di paura. Non è detto che vacilli il potere, ma Putin sa che se il fenomeno diventa grosso sarà difficile da gestire, altrimenti non lo avrebbero incarcerato.
Il livello di consenso è, secondo lei, ai minimi storici?
Il consenso è sceso, se prendiamo come riferimento i picchi storici ottenuti al tempo dell’annessione della Crimea. Questo calo non è però merito di Navalny. C’è sicuramente una componente che lo appoggia, a partire dalle giovani generazioni che abitano nelle grandi città, Mosca e San Pietroburgo in primis. La più grande perdita di consenso però deriva dalla classe media, che con Putin aveva visto migliorare le proprie condizioni di vita e la stabilità del Paese. Questa fascia non va dietro a Navalny ma guarda al portafoglio, fregandosene delle disuguaglianze e della politica estera russa. Ora con la crisi economica e con i redditi in forte calo la fase di innamoramento è finita e il sostegno a Putin è scemato.
Questo clima può creare il terreno fertile per l’opposizione, che però non credo possa essere rappresentata da Navalny, nonostante ora sia sicuramente più noto che in passato, quando era più conosciuto all’estero che in patria.
Esiste al momento un’opposizione a Putin vera?
Non credo esista al momento una vera alternativa a Putin, o almeno non una che possa sfidarlo in libere elezioni.
Quali ripercussioni ha avuto o avrà all’estero questa fase di dissenso interno?
A sostegno della libertà di Navalny si è verificato un fatto abbastanza unico. Quando è stata confermata la detenzione in aula si sono presentati una ventina di diplomatici occidentali. Si tratta di un fatto più unico che raro in un udienza penale di un cittadino russo.
Le autorità hanno parlato di ingerenze e criticato fortemente questa scelta. Le reazioni internazionali sembrano quindi abbastanza forti ma la storia recente ci dice che quando l’Occidente affila le armi diplomatiche contro la Russia, dopo poco tempo si fa marcia indietro. Recentemente la Federazione è stata ad esempio riammessa nel Consiglio d’Europa e ora si discute di riammetterla anche nella compagine del G7. Questo a conferma di ciò che sappiamo: gli interessi economici legati a scambi commerciali e al gas e al petrolio sono sempre più forti.
Restiamo sulla politica estera. Come cambierà, se lo farà, la politica russa con il cambio al vertice degli Stati Uniti?
Il cambio negli Usa cambia molto. Con Biden possiamo infatti immaginare un ritorno alla politica americana pre Trump, ovvero ad una posizione più ferma e meno accondiscendente nei confronti della Russia e di Putin.
Non c’è dubbio che negli ultimi anni, dall’intervento in Ucraina, la Russia abbia cominciato ad espandersi anche militarmente all’estero rivestendo un ruolo di forte potenza regionale, con aree di influenza ancora periferiche ma comunque in espansione.
La Russia si è espansa, negli anni di amministrazione Trump, dove gli Usa avevano creato vuoti, dove erano arretrati. Ora vedremo cosa succederà. Putin dovrà fare i conti con quello che il probabile cambio di politica comporterà.
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