di Maurizio Sacchi
La serrata competizione per la presidenza della Colombia continua in un clima di grande tensione. Le possibilità di vittoria di Gustavo Petro, primo candidato di sinistra con chance concrete di ricoprire la massima carica, paiono diminuire, a fronte del coagularsi di tutte le altre componenti intorno alla figura dell’outsider Rodolfo Hernandez. Il ballottaggio è in agenda per domenica 19 giugno. Ma non è solo il ricompattarsi delle forze conservatrici a rendere difficile una svolta a sinistra di quello che é tradizionalmente il Paese più a destra dell’America del Sud. La effettiva libertà di voto nelle vaste zone rurali è minacciata dallo stapotere che le bande di paramilitari, narcotrafficanti, e frange di guerriglia che non hanno aderito agli accordi di pace, esercitano sulla popolazione. Si tratta di un vero governo del territorio, che mette a rischio leader politici e civili. E che rischia di condizionare il voto.
Quest’anno quasi 3 milioni di colombiani sono stati colpiti dalla violenza legata ai conflitti, rispetto ai meno di 119mila dell’anno scorso. Lo dichiara l’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite Ocha. Più di 78.900 di queste vittime sono state sfollate con la forza o confinate nelle loro case a causa del conflitto armato, che ha imperversato nella regione del Pacifico e nella provincia nord-orientale di Arauca. Questi eventi sono diventati più ricorrenti nel corso di quest’anno, dato il controllo territoriale dei gruppi armati sulla popolazione, “soprattutto nei confronti delle comunità etniche… nelle aree rurali e disperse”.
Secondo Leonardo Gonzalez, del think tank colombiano Indepaz, “in termini di sicurezza, ci stiamo avvicinando al peggior periodo di violenza degli ultimi decenni”, e ha aggiunto che la situazione della sicurezza rischia di deteriorarsi fino a raggiungere un livello simile a quello del periodo tra il 2002 e il 2006, quando il Presidente Alvaro Uribe, fautore della linea dura con la guerriglia, adottò la politica del pugno di ferro. Gonzalez attribuisce l’impennata della violenza alla negligenza di Duque nell’attuare un accordo di pace del 2016 con l’ormai defunto gruppo guerrigliero delle Farc e alla mancanza di una presenza capillare dello Stato sul territorio.
Come conseguenza, 930 difensori dei diritti umani e leader comunitari sono stati assassinati da quando Duque è entrato in carica nel 2018, e quest’anno sono statii 81 i leader sociali assassinati, oltre ad almeno 245 dei circa 13.000 ex membri delle Farc che hanno firmato la pace. Nello stesso periodo, Indepaz ha registrato 261 massacri in cui sono state uccise 1.144 persone. Nei primi quattro mesi di quest’anno, la polizia ha registrato il più alto numero di omicidi dal 2013, quando le Farc erano ancora in armi. Sotto Duque, sono aumentati anche violazioni dei diritti umani e crimini contro l’umanità presumibilmente commessi dalle forze di sicurezza, in particolare in risposta alle proteste antigovernative del 2019 e dello scorso anno. La polizia ha assassinato almeno 44 manifestanti e aggredito fisicamente più di 1.660 persone durante le proteste antigovernative durate tra la fine di aprile e la metà di luglio dello scorso anno, ha dichiarato Indepaz ad aprile. E quest’anno 161 persone sarebbero state vittime della brutalità della polizia, secondo l’Ong per i diritti umani Temblores, che denuncia che almeno 35 donne sarebbero state abusate sessualmente dalla polizia durante le proteste.
Intanto Rodolfo Hernandez, l’avversario populista che si oppone a Petro, ha dichiarato: ”Sono certo che la mia vita è in pericolo”, in una serie di post su Twitter riguardanti un video trapelato che mostra un consigliere di Petro discutere di strategia. Un portavoce della polizia nazionale ha dichiarato di non essere a conoscenza di minacce contro Hernandez, ma che sta indagando. Giovedì Hernandez aveva definito Petro e i suoi sostenitori una “banda criminale”. Petro ha esortato Hernandez, sempre su Twitter a “mostrare anche un solo mio crimine e rinuncerò alla mia campagna”. Si tratta di un clima infuocato, e in un Paese in cui la violenza a sfondo politico, sociale ed economico non é mai del tutto sopita, quanto questo clima possa danneggiare il processo di una pace autentica, e una soluzione ai drammatici problemi di diseguaglianza che affliggono la Colombiaè l’interrogativo che grava sugli ultimi giorni prima del voto.
Nell’immagine di Casa de Nariño, residenza presidenziale della Colombia
– da Wikipedia, La