di Maurizio Sacchi
Nicolàs Maduro, presidente del Venezuela, ha annunciato il suo ritiro dal tavolo delle trattative in corso a Barbados con l’opposizione guidata da Juan Guaidò, dove si tentava di trovare una soluzione alla crisi politica, economica e sociale che tormenta il Paese caraibico.La ragione del ritiro sta nell’inasprimento delle sanzioni che gli Stati uniti hanno imposto non solo a Caracas, ma anche alle imprese che mantengano rapporti commerciali con il Venezuela: ovvero che ne acquistino il petrolio, praticamente l’unica fonte di entrate per il governo bolivariano.
La China National Petroleum Corp. avrebbe annullato gli ordini di circa 5 milioni di barili di petrolio venezuelano, a seguito dell’ultimo ordine esecutivo del presidente Donald Trump. Così riferisce Carlos Eduardo Pina di Al Jazeera. La CNPC si unisce alla più grande banca turca, la Ziraat Bank, che ha interrotto le sue relazioni con la Banca centrale del Venezuela.
Sempre secondo Al Jazeera, il ritiro di PetroChina non significa che la Cina si allontanerà completamente dal petrolio venezuelano. Altre società possono continuare a fornire alle raffinerie indipendenti cinesi (conosciute anche come teapots, “teiere”) il greggio della nazione sudamericana. Secondo Bloomberg , ogni giorno dall’inizio dell’anno 340.000 barili di petrolio venezuelano hanno preso la rotta della Cina. Rosneft Oil Co PJSC, la compagnia russa dei petroli si è fatta avanti, per sostituirsi ailla CNPC nel rifornimento delle teapot cinesi.
Intanto, funzionari degli Stati Uniti hanno avviato colloqui con il numero due del regime di Maduro, Diosdado Cabello, primo vice presidente del Partito socialista unito del Venezuela (PSUV) e presidente dell’Assemblea costituente nazionale, nonché con alcuni membri della cerchia personale di Nicolás Maduro, al fine di convincerli a concordare un accordo che garantisca un’uscita senza versamento di sangue alla crisi politica nel paese sudamericano. Parte delle conversazioni include garanzie e incentivi per Cabello e alcuni leader, per soddisfare le richieste della comunità internazionale, e concordare un accordo elettorale credibile che consentirà al Venezuela di superare la grave crisi che sta attraversando, secondo informazioni diffuse dall’agenzia di stampa americana Associated Press (AP). Cabello avrebbe ricevuto un alto funzionario della Trump Administration a Caracas per ascoltare le sue proposte lo scorso luglio. Washington sta cercando una seconda conversazione, aggiunge AP. Cabello non ha confermato nè negato.
“Cabello è un politico rigido e fanatico, molto più un militare chei un civile, che non sembra disposto a contrattare (…), e che rifiuta categoricamente qualsiasi accordo con i suoi avversari politici. Sebbene la sua presenza e quella dei suoi alleati nel governo che Maduro presiede sia piuttosto discreta, Cabello mantiene chiare aree di influenza, autonome dalla volontà di Maduro, nel PSUV e nell’Assemblea costituente nazionale”. Lo scrive El Pais di Madrid il 19 di agosto.
Il popolo venezuelano intanto soffre: l’alto commissario per i rifugiati dell’ONU Filippo Grandi ha chiesto domenica di aumentare gli aiuti umanitari ai rifugiati venezuelani, poiché i nuovi arrivati stanno travolgendo i servizi sociali e scatenando tensioni locali nei paesi vicini.
“Questo è davvero uno degli appelli umanitari meno finanziati al mondo per una delle crisi più gravi”, ha detto Grandi. All’inizio dell’anno, le Nazioni Unite e le ONG avevano individuato interventi urgenti per $ 770 milioni, ma finora le organizzazioni umanitarie hanno ricevuto meno di $ 180 milioni. Grandi ha fatto appello per ulteriori aiuti durante una visita in Brasile, per valutarvi la situazione dei rifugiati venezuelani.L’UNHCR stima che finora 4,3 milioni di venezuelani siano fuggiti dalla crisi economica e politica nel loro Paese. La Colombia ha accolto circa 1,2 milioni di rifugiati. Perù, Cile ed Ecuador hanno accolto gran parte dei restanti migranti venezuelani, mentre circa 180.000 sono in Brasile.