Armi, gli affari crescono

di Andrea Tomasi

 

L’esportazione di armi italiane nel mondo segna un +186% rispetto al 2014. Lo scorso anno il valore delle licenze di esportazione ha raggiunto quota 8.247.087.068 euro (nel 2014 erano 2.884.007.752). I dati sono contenuti nella Relazione sulle operazioni autorizzate di controllo materiale di armamento 2015, consegnata il 18 aprile scorso dal sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio alle commissioni permanenti di Camera e Senato.
I numeri confermano che il mercato bellico è sempre più florido e l’Italia è uno dei protagonisti principali. Nigrizia scrive che «le sole licenze di esportazione definitiva (esclusi quindi i gettiti da intermediazione e le licenze globali di programma) hanno raggiunto i 7.882.567.504 di euro, rispetto ai 2.650.898.056 (+197,4%) del 2014. L’anno scorso, le autorizzazioni definitive all’export sono state 2.775 contro le 1.879 del 2014 (+ 47,7%)».
Le società leader – come valore contrattuale delle operazioni autorizzate  – del settore sono Alenia Aermacchi, Agusta Westland, Ge Avio, Selex ES, Elettronica, Oto Melara, Intermarine e Piaggio Aero Industries. «La maggior parte di queste aziende è di proprietà o è partecipata dal gruppo ex Finmeccanica, oggi Leonardo».
Ma sono veramente i Paesi che cullano il terrorismo islamico quelli destinatari del flusso di armamenti? Principali destinatari sono i Paesi Ue/Nato: si è passati dal 55,7% del 2014 al 62,6% dell’anno scorso. Poi l’Asia (dal 7,3% al 18,3%). Nordafrica e Medio Oriente hanno raggiunto l’11,8%. In cima alla lista dei destinatari c’è la Gran Bretagna (1,3 miliardi del 2015 contro i 306 del 2014). Crescita notevole anche per Taiwan: da 1,4 milioni è salito a 258. Tra i primi dieci Paesi importatori ci sono gli Emirati Arabi Uniti (304 milioni di euro, in linea con l’anno precedente) e l’Arabia Saudita (258 milioni nel 2015 contro i 163 dell’anno precedente).  A dimostrazione che i divieti imposti dalla legge 185 del 1990 (non vendere armi a paesi in guerra) sono carta straccia nella realtà. E la Turchia? Il Paese a cui si è affidata l’Unione Europea per, sostanzialmente, fare il «lavoro sporco» (tenere i disperati lontani dai confini del vecchio continente) è andata oltre il raddoppio delle spese italiane: 128,7 milioni (nel 2014 erano 52,4).
Si assiste poi al sorpasso dell’Africa subsahariana, che supera il Nordafrica in acquisto di armi da aziende italiane: 152,9 milioni contro 87,5. Nel 2014 l’acquisto dei paesi al sud del Sahara si era fermato a quota 2 milioni. Il valore globale dell’export nel continente supera così i 240 milioni di euro, contro i 96 del 2014.
Lo Zambia è passato da 0 a a 98,3 milioni di spesa in armi. Da evidenziare anche gli acquisti kenyani: da 472mila euro a oltre 25 milioni. Nel Nordafrica aumenta il Marocco (da 518mila a 19,7 milioni di euro). Fra i grandi acquirenti delle armi Made in Italy c’è l’Egitto: compere per  37,6 milioni nel 2015, quando erano 31,7 nel 2014. «Alla faccia del regime e delle violenze praticate nel Paese» scrive sempre Nigirizia. Stando ai dati ufficiali dell’istituto di statistica sul commercio estero in quei 37,6 milioni destinati all’esercito si devono scorporare 1.364.738 euro: fucili e carabine destinati. Intervistato dal Fatto Quotidiano, Giorgio Beretta dell’Osservatorio Opal di Brescia dice: «Si tratta di 1.266 fucili spediti tra maggio e giugno, per la gran parte dalle Benelli Armi di Urbino, che fa parte del gruppo Beretta. Escludendo che all’ombra delle piramidi sia scoppiata una passione per il tiro sportivo o per l’attività venatoria, è probabile che il carico sia stato venduto alla polizia e alle forze di sicurezza egiziane». E Stefano Pasta ipotizza: «Chi ha fermato Giulio Regeni (il ricercatore friulano ucciso a Il Cairo in circostanze misteriose) impugnava un’arma italiana? Può essere, lo dice l’Istat».

http://www.disarmo.org/rete/a/42705.html

http://www.nigrizia.it/notizia/triplica-la-vendita-di-armi-italiane/notizie

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