Ecuador, coprifuoco a Quito

Il presidente ecuadoriano Lenin Moreno militarizza la capitale. Le ragioni di una protesta

di Maurizio Sacchi

Il presidente ecuadoriano Lenin Moreno ha imposto il coprifuoco nella capitale, Quito, mentre da 10 giorni le proteste continuano a scuotere la città, paralizzando il centro. Ieri, con un post su Twitter, Moreno ha dichiarato di aver organizzato il coprifuoco e la “militarizzazione” di Quito e dell’area circostante per sostenere la ripresa del controllo della capitale dopo cià che  ha definito “intollerabili eccessi di violenza”.

Una grande folla in Ecuador ha partecipato intanto al funerale di uno degli almeno 5 manifestanti uccisi durante le violente manifestazioni che hanno avuto luogo durante tutta la settimana, causate dalle misure di austerità, e in particolare dal taglio  dei sussidi per il carburante da parte del presidente Lenin Moreno, come parte di un accordo raggiunto lo scorso anno, legato al  prestito di 4,2 miliardi di dollari ottenuto da Quito dal Fondo monetario internazionale. Secondo il governo i pagamenti e gli interessi costano al Paese circa $ 1,4 miliardi all’anno, secondo fonti ufficiali.

Il governo è fuggito dalla capitale

A seguito delle proteste,  dell’assalto al Parlamento di Quito da parte della folla, di atti di violenza su strutture produttive (un caseificio, coltivazioni di fiori), Moreno ha spostato la sede del governo nella seconda città del Paese, Guayaquil, situata vicino alla costa pacifica. La violenta reazione popolare alle misure si spiega con l’impatto che queste misure avranno in tutto l’Ecuador, colpendo in particolare trasportatori, agricoltori e pescatori.

Le ragioni di una protesta

In termini reali, ”gli ecuadoriani sono passati a pagare  da 1,85 dollari al gallone a 2,39”. E’il calcolo di Semana, magazine di Bogotà. E se in termini internazionali il prezzo può apparire molto basso, l’aumento colpisce tutta la rete dei trasporti, di uomini e di merci, del Paese andino, intaccando un’economia e un tessuto sociale già fragile per la crisi, e ha quindi mobilitato la gran parte della popolazione dell’Ecuador. In testa, le organizzazioni indigene, che rappresentano una forza importante, e capace di mobilitare anche il resto della società.

Le proteste indigene hanno avuto un ruolo centrale nella politica ecuatoriana, costringendo a rinunciare una serie di presidenti dell’Ecuador, tra cui Abdalá Bucaram nel 1997, Jamil Mahuad nel 2000 e Lucio Gutiérrez nel 2005. Jaime Vargas, il leader della confederazione indigena dell’Ecuador Conaie, ha dichiarato al Guardian di Londra che non ci sarà alcun dialogo, fino a quando il governo non ritirerà il decreto che pone fine ai sussidi anche se Conaie ha dichiarato in una dichiarazione postata su Twitter di aver deciso di partecipare al “dialogo diretto” con Moreno un giorno dopo aver respinto la sua offerta di colloqui.Dopo pochi minuti dalla dichiarazione Conaie, il sindaco di Quito Jorge Machado ha dichiarato alla televisione locale che il governo “analizzerà” la legge che ha posto fine ai sussidi per il carburante.

Le accuse di Moreno

Da parte sua, Lenin Moreno, oltre a dichiarare fuori discussione la revoca delle misure, ha indicato nel suo predecessore, Correa, un possibile ispiratore e complice delle proteste in corso. Moreno, ha accusato gli oppositori politici di aver orchestrato un tentativo di colpo di stato e ha affermato che i soci del suo predecessore Rafael Correa – un ex alleato diventato nemico – si stavano infiltrando nelle proteste e provocando disordini. “Ci sono settori che stanno approfittando della situazione per generare un’atmosfera di caos in Ecuador, un comportamento molto diverso rispetto a altre proteste sociali”, ha detto mercoledì il ministro degli Interni María Paula Romo.

Correa, che ha governato l’Ecuador per un decennio, ha respinto l’affermazione di essere promotore  della protesta, ma ha chiesto a Moreno di dimettersi e di indire nuove elezioni, in cui “potrebbe prendere in considerazione di presentarsi candidato”. Correa, che attualmente vive in Belgio,, ha respinto però ogni accusa di essere dietro alle manifestazioni. E d’altra parte anche sotto il suo governo aveva fronteggiato le proteste delle associazioni indigene, che non avevano risparmiato il suo governo di ispirazione socialista.

Nell’immagine di copertina incidenti a Quito tratto da un  Audiovisivo realizzato da Apak Otavalo a favore della lotta per i diritti delle nazionalità originaria dell’Ecuador che riproduciamo qui sotto 

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