Emergenza Burkina Faso

In corso nel Paese un deterioramento senza precedenti della situazione umanitaria: i dati dell'Ocha

Il Burkina Faso è un Paese in emergenza. Secondo il Global Humanitarian Overview, il documento di Ocha (l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari) che fissa i bisogni umanitari per il 2020, il Burkina Faso sta affrontando una crisi di protezione a seguito dell’escalation della violenza, che dal gennaio 2019 ha portato a un deterioramento senza precedenti della situazione umanitaria nel Paese.

La situazione della sicurezza in Burkina Faso ha continuato a peggiorare dal 2016 e rimane principalmente caratterizzata dagli attacchi di gruppi armati non statali contro le popolazioni civili e i simboli dello Stato. Alla violenza contribuiscono in molti: nuovi gruppi armati, il perdurante conflitto nelle aree limitrofe del Mali, il crescente attivismo di gruppi collegati al sedicente Stato Islamico nel Sahel, l’influsso del conflitto con Boko Haram tra la Nigeria e il Niger.

La crescente insicurezza ha comportato un rapido aumento degli sfollati: secondo il Consiglio nazionale per gli aiuti di emergenza, il numero di sfollati interni è passato da 87mila a gennaio a 220mila (l’85% di donne e  bambini) a giugno 2019, con un incremento del 153%. Stando ai dati dell’Unhcr al 31 maggio 2019, c’erano 30.641 rifugiati e richiedenti asilo in Burkina Faso. Tra questi circa 30mila maliani.A preoccupare c’è poi la crisi alimentare e nutrizionale che è diventata cronica con 1.475.689 persone direttamente colpite. Di queste 1.251.427, ovvero l’85%, richiedono assistenza umanitaria di emergenza. Il rapporto rileva poi un altro collegamento: le popolazioni in fuga convergono soprattutto verso zone già indebolite dall’insufficienza delle risorse naturali, andando così ad aumentare il rischio di malattie e conflitti legati all’acqua e all’accesso ai pascoli. Si prevede che l’attuale situazione della sicurezza avrà un impatto considerevole sulla prossima stagione agricola, perché sempre più agricoltori non saranno in grado di farlo accedere al proprio campo.

In termini di istruzione, a fine maggio 2019, quasi 2.024 scuole e istituti post-primari e secondari avevano chiuso a causa dell’insicurezza, lasciando così fuori dai banchi 330.292 studenti e 9.285 insegnanti. In tutto questo c’è poi la componente clima. Il Paese è sempre infatti sottoposto a inondazioni e forti venti. Secondo l’Inform Risk Index, il Sahel è una Regione ad alto rischio per vulnerabilità e livello di capacità di far fronte agli shock climatici sempre più frequenti.

Per tutte queste ragioni Intersos in collaborazione con Unhcr ha avviato un progetto di protection monitoring (monitoraggio delle violazioni dei diritti umani e protezione delle vittime) nel Nord del Paese che nel primo semestre del 2020 sarà esteso alla regione della Boucle de Mouhoun e nell’Est. Tra le persone assistite ci sono rifugiati maliani che vivono all’esterno dei campi ufficiali, sfollati interni, comunità ospitanti, ex migranti Burkinabè in Mali a rischio di apolidia.

“Contaminazione. La prima parola che mi viene in mente è questa – spiega Federica Biondi, Emergency Coordinator di Intesos, impegnata in questi mesi nell’avvio della nuova missione della nostra organizzazione in Burkina Faso – Contaminazione da parte di conflitti esterni che prima hanno sostenuto l’afflusso di rifugiati dai paesi vicini, in primis il Mali, e poi si sono estesi all’interno dei confini del Burkina Faso, esacerbando conflitti di potere e di leadership latenti. Un quadro che ha portato a un rapido deterioramento della situazione umanitaria e che ci ha spinto a intervenire”.

di Red/Al.Pi.

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