Una spina africana per Teheran

Il Marocco accusa l'Iran di armare il Polisario, che smentisce. L'intervista a un attivista saharawi di Wesa Times

Nel riassetto delle alleanze nel Vicino Oriente si inserisce anche la questione Sahara Occidentale.

Il Marocco ha nei giorni scorsi annunciato la rottura dei rapporti diplomatici con l’Iran accusata di finanziare e armare, attraverso il partito libanese Hezbollah, il Fronte Polisario l’organizzazione politica e militare che si batte per l’indipendenza del Sahara Occidentale.

Le accuse sono state smentite dal Fronte Polisario anche attraverso Wesa Times, la piattaforma specializzata sulla causa saharawi ufficialmente riconosciuta dalle autorità politiche del Polisario e anche dai ministeri competenti della Repubblica Araba Saharawi Democratica.

Per un aggiornamento sulla questione saharawi riportiamo l’intervista a Mohamed Dihani, fondatore di Wesa Times realizzata da pressenza.com

Mohamed Dihani è un attivista saharawi fin da quando era bambino. È stato protagonista di una complessa vicenda giudiziaria dove le accuse nei suoi confronti sono progressivamente svanite nel nulla ma il carcere ingiustamente subiti ha lasciato tracce indelebili nel suo corpo. Mohamed ha fondato l’agenzia stampa Wesatimes che è il più importante mezzo di diffusione in italiano del punto di vista del popolo saharawi in lotta per l’autodeterminazione.

Wesatimes è una bella realtà di informazione quotidiana in tante lingue: ci racconti come è nata e come funziona?

Ho passato 6 anni in prigione, sia nel carcere segreto di Tmara (base centrale dell’intelligence marocchina DST, lontana due chilometri dalla residenza principale del re marocchino Mohamed VI) che nelle prigioni di Sale2, Knnaitra e Ait Maloul.

In quegli anni, ascoltando le voci delle persone torturate o violentate, tra cui donne e adolescenti (e durante i quali anche io ho subìto ogni tipo di torture e gravi violenze), pensavo che se fossi riuscito ad uscire da lì avrei dovuto trovare il modo di raccontare quello che succedeva a quelle persone.

Da qui è nata l’idea di fondare un’agenzia di stampa che raccontasse tutto ciò che accade nel Sahara Occidentale senza aver paura delle conseguenze.

Nel giorno del settimo anniversario del mio rapimento, ho fondato Wesatimes insieme ad altre 5 persone, per cercare di migliorare la realtà mediatica saharawi e per combattere le ingiustizie commesse dallo stato marocchino contro il nostro popolo. Dopo un anno dalla sua fondazione (avvenuta nell’aprile 2017) abbiamo raggiunto risultati che non avevamo previsto.

Siamo un’agenzia che non ha una sede né nessun tipo di finanziamento esterno, siamo persone che lavorano da un gruppo di Whatsapp e pubblichiamo notizie esclusivamente dai cellulari. Non possiamo avere una sede per due ragioni: la prima è che siamo in un territorio occupato e lo stato occupante ce lo impedisce, la seconda è che non abbiamo mezzi e disponibilità economiche per permetterci una sede, dei computer ecc…

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