di Maurizio Sacchi
Più di 35 milioni di argentini sono stati chiamati il 13 agosto a votare per le primarie, i cui vincitori si contenderanno la presidenza il 22 ottobre, con un eventuale secondo turno il 19 novembre.
Javier Milei, un’economista ultraliberale, ha ottenuto il 30%, seguito dal peronista Sergio Massa (21%) e dalla conservatrice Patricia Bullrich (quasi il 17%). La somma dei voti tra Bullrich e un altro candidato della lista della destra tradizionale Insieme per il Cambiamento, Horacio Rodríguez Larreta, tocca quota 28,3%, oltre due punti dietro Milei. Con il suo peggior risultato alle primarie dal 2011, il fronte Peronista è arrivato terzo, con il 27,2%.
Milei, che si dichiara “anarco-capitalista”, è contrario all’aborto, ritiene che il cambiamento climatico sia “uno stratagemma” inventato dalla sinistra, sostiene la fine dello Stato e si identifica con il partito di ultradestra spagnolo, Vox. Le primarie hanno dipinto uno scenario a tre partiti, una novità in un Paese dominato per anni da due coalizioni principali: una guidata dai peronisti e l’altra dalla destra, creata dall’ex Presidente Mauricio Macri. Promettendo la fine dell’élite politica, Milei ha stravolto il panorama politico argentino.
Per vincere al primo turno delle elezioni generali del 22 ottobre, Milei dovrà ottenere col suo partito, la Libertad Avanza, il 45% dei voti o il 40% con una differenza di 10 punti rispetto al secondo classificato. “È un momento storico per tutti noi, impensabile”, ha detto la compagna di corsa di Milei, Victoria Villarruel, famosa per aver rivendicato l’ultima dittatura argentina.
Milei vuole vietare l’aborto, reso legale nel Paese nel 2020. Sostiene anche il diritto di portare armi da fuoco e ritiene che la vendita di organi sia “un mercato come un altro”. È anche favorevole alla chiusura dei Ministeri dell’Educazione e dello Sviluppo Sociale, oltre a dirsi d’accordo nel ‘bruciare’ la Banca Centrale, un passo preparatorio a quella che sarebbe una dollarizzazione dell’economia, per porre fine all’inflazione.
L’economia è certamente il tema scottante della situazione Argentina. Ma sull’idea di una “dollarizzazione” ufficiale del Paese australe, il direttore dell’Istituto delle Americhe del Fondo Monetario Internazionale, Alejandro Werner, ha dichiarato che il FMI percepisce Javier Milei, come “un’opzione molto incerta” e che “non ama” la sua proposta di dollarizzazione dell’economia argentina. D’altra parte, ritiene “molto probabile” che la revisione del Fondo Monetario Internazionale per il Paese verrà approvata e ha detto che “tutto ciò che il FMI erogherà da qui a quando il prossimo Governo entrerà in carica permetterà all’Argentina di evitare qualsiasi tipo di default”.
Riguardo alla privatizzazione dell’istruzione, bandiera di Milei, sorgono le prime proteste. Il Consiglio Superiore dell’Università Nazionale di Cordoba si è dichiarato a favore della “natura non delegabile del ruolo dello Stato nell’istruzione pubblica e gratuita (…), perché è la difesa della giustizia educativa, della sovranità scientifica e della democrazia”, e ha respinto la proposta di Javier Milei finalizzata a chiudere o privatizzare il Consiglio Nazionale della Ricerca Scientifica e Tecnica.
Il disincanto di coloro che hanno votato per Fernández quattro anni fa spiega tale risultato. Gli elettori di questo avvocato erano fiduciosi che avrebbe fatto uscire il Paese dalla crisi economica dopo il governo di Macri, che ha lasciato il potere nel 2019 con un’inflazione del 50%. Ma da allora la situazione economica è solo peggiorata, raggiungendo il 115,6% annuo. L’elettorato peronista accusa il Presidente di un atteggiamento poco combattivo nei confronti dei creditori internazionali e di non essere riuscito a ridurre i tassi di povertà, nonostante il miglioramento dell’occupazione. Ma nonostante ciò, il candidato presidenziale peronista Sergio Massa rimane ottimista. “Questa è la fine del primo semestre. Abbiamo ancora il secondo tempo. Lotteremo fino all’ultimo minuto”.
La grande speranza del Peronismo è ora nelle mani del Governatore della Provincia di Buenos Aires, il kirchnerista Axel Kicillof, che si candida alla rielezione. Ha ottenuto il 36,4% dei voti, conquistando la provincia più grande del Paese.
Intanto, il Presidente Alberto Fernández ha assicurato dal canto suo che il Governo ha ascoltato “ciò che hanno detto le urne” e che sarà lanciata una batteria di misure per alleviare la situazione delle famiglie a basso reddito. In sintonia con questo, ha consegnato il 22 agosto 319 alloggi sociali, portando il totale a 125.000 negli ultimi quattro anni. Fernández ha fatto appello alla “convivenza democratica”, dopo gli assalti ai supermercati avvenuti dopo il voto: “Abbiamo assistito a eventi organizzati. Chiedo a tutti di fare molta attenzione alla tranquillità e alla pace sociale”, ha detto il Presidente presiedendo una cerimonia a Neuquén.
L’Equipe di sacerdoti dei quartieri poveri e popolari di Buenos Aires e della Grande Buenos Aires ha indetto una messa “per espiare gli oltraggi” contro il Papa durante la campagna elettorale, in particolare proprio da parte del candidato di La Libertad Avanza, Javier Milei. La celebrazione avrà luogo martedì 5 settembre, per “rivendicare Papa Francesco e respingere tutti i tipi di offese, bugie e insulti (…) espressi in questa campagna elettorale”.
Nella foto in copertina, il primo classificato alle primarie Javier Milei © Facundo Florit/Shutterstock.com