I minori palestinesi nelle scuole italiane

Appello dei docenti italiani per il cessate il fuoco a Gaza e per ospitare, al pari degli ucraini, i bambini negli istituti scolastici della Penisola

“Se lavori o hai lavorato come insegnante nella scuola italiana di qualsiasi ordine e grado, sia essa pubblica o privata, con qualunque tipo di contratto, unisciti all’appello”. Inizia così il testo diffuso dai docenti italiani, indirizzato al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani e al Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, che pubblichiamo integralmente. Al momento di scrivere, tale appello ha già raccolto quasi 2.000 firme. Gli insegnanti possono sottoscriverlo a questo link.

All’attenzione del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani e del Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara

APPELLO URGENTE:

Mentre scriviamo, 20 novembre 2023, nelle scuole viene celebrata la Giornata Mondiale dei Diritti dei bambini e delle bambine poiché in questa data, nel 1989, è stata ratificata la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Con la sua adozione, in quasi tutti i Paesi del mondo i bambini godono dei diritti fondamentali, sono protetti e tutelati.

Mentre scriviamo, tuttavia, sappiamo che “a Gaza muore un bambino ogni dieci minuti”, come dichiarato dal direttore generale dell’Oms Tedros Adhanon Ghebreyesus. Dall’attacco di Hamas del 7 ottobre, infatti, sono state uccise dall’esercito israeliano circa12 mila persone, tra cui oltre 5 mila bambini, secondo le ultime stime dell’Oms. Oltre 9 mila sono i minori rimasti feriti – secondo i dati Unicef – e almeno 1 500 sono rimasti sepolti sotto le macerie, risultando dispersi.

Secondo l’Ong Save the Children “Il numero di bambini uccisi in sole tre settimane a Gaza è superiore al numero di bambini uccisi in conflitti armati a livello globale – in più di 20 Paesi – nel corso di un intero anno, negli ultimi tre anni.”

Anche per i bambini e adolescenti ancora in vita, tuttavia, le condizioni sono terribili. Sempre secondo i dati forniti dall’Unicef, degli 1,5 milioni di persone sfollate, la metà sono minori. Bambini e ragazzi che non hanno più una casa, accesso all’acqua potabile, al cibo, alle cure mediche. Metà degli ospedali di Gaza non sono più operativi a causa dei continui bombardamenti e attacchi, mentre nelle poche strutture ancora funzionanti sono esaurite le forniture mediche essenziali come anestetici, antidolorifici e acqua pulita: le operazioni chirurgiche vengono eseguite senza anestesia, alla luce dei cellulari, le incubatrici e i respiratori hanno smesso di funzionare, ricorda Medici senza Frontiere. Il portavoce dell’OMS Christian Lindmeier denuncia che “l’impossibilità di seppellire i cadaveri dei pazienti morti sta trasformando il principale ospedale di Gaza in un cimitero”, mentre il capo degli affari umanitari dell’Onu, Martin Griffiths, a nome del segretario generale, parlando in video ad una riunione informale dell’Assemblea Generale ha affermato che si tratta di “una crisi umanitaria intollerabile e non può continuare. Per molti aspetti, il diritto internazionale umanitario sembra essere stato ribaltato”.

Tutto questo costituisce una chiara violazione del Diritto Umanitario Internazionale e della Convenzione di Ginevra, e riporta alla memoria eventi terribili che credevamo appartenere a un passato che non si sarebbe mai più ripetuto.

Con questa lettera ci uniamo in un’unica voce, come docenti e formatori, ma soprattutto come esseri umani, nella condanna di quanto sta avvenendo a Gaza, in nome della Pace, del principio di giustizia e del rispetto della vita umana che, in quanto europei, riteniamo imprescindibili, condividendo anche il timore espresso il 16 novembre nella nota di un gruppo di esperti delle Nazioni Unite: “profondamente preoccupati per il sostegno di alcuni governi alla strategia di guerra di Israele contro la popolazione assediata di Gaza e per l’incapacità del sistema internazionale di mobilitarsi per prevenire il genocidio”.

Come educatori, formatori, professionisti della conoscenza che nelle aule scolastiche si relazionano e confrontano quotidianamente con bambini e ragazzi, non possiamo tacere su quanto sta avvenendo ai loro coetanei di Gaza, ai quali vengono negati non solo o non tanto il fondamentale diritto all’istruzione, ma finanche il diritto alla salute, alla pace, al gioco, ad avere una famiglia, alla loro stessa vita: diritti umani sanciti da quella Convenzione sui diritti dell’infanzia ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991 che ricordavamo in apertura, e che noi insegnanti celebriamo in questi giorni nelle nostre scuole, con i nostri alunni e studenti.

Crediamo fortemente che porre fine al duro assedio di Gaza, alla gravissima crisi umanitaria in corso in quel territorio e all’occupazione illegale dei territori palestinesi da parte di Israele sia un passo imprescindibile per promuovere la convivenza pacifica e la fine delle violenze anche nei confronti dei civili israeliani, a partire dalle persone tenute ancora in ostaggio. Solo una chiara definizione degli attori in campo e delle loro reali relazioni socio-politiche e storiche, inoltre, può aiutare a frenare il crescente antisemitismo: non si possono e non si devono confondere le critiche allo Stato di Israele con l’antisemitismo, non si possono e non si devono confondere le critiche nei confronti di un governo e di una classe dirigente con i pregiudizi e le violenze nei confronti di un popolo e della sua religione.

Le scuole devono essere il luogo dove bambini e ragazzi imparano a confrontarsi con il passato, a fare e farsi domande per capire, comprendere, conoscere la complessità del mondo moderno. Conoscenza e comprensione sono le uniche armi pacifiche per la creazione di una società pensante, che abbia a cuore la pace, la giustizia, e i diritti sanciti dalla nostra Costituzione. Noi docenti, dunque, non possiamo fingere di non sapere e continuare a ignorare anche quanto sottolineato dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres il 24 ottobre, ossia che “Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione. Hanno visto la loro terra costantemente divorata dagli insediamenti e tormentata dalla violenza”. Ne va della nostra credibilità professionale.

A tale proposito, se la distruzione delle infrastrutture educative nel corso dei bombardamenti seguiti all’attacco di Hamas del 7 ottobre rappresenta un ulteriore livello di questa tragedia (sono 239 le scuole governative colpite dall’esercito israeliano, con 45 di esse completamente distrutte, tra le quali sono state colpite anche 50 scuole gestite dall’UNRWA), rammentiamo anche che dal 2009 a oggi in Cisgiordania le autorità israeliane hanno demolito 9 mila strutture (delle quali 1647 erano state finanziate dall’Unione Europea o dai suoi Stati membri), tra cui anche molte scuole; dall’inizio del 2023 sono state demolite 301 strutture palestinesi e fra queste, a titolo esemplificativo, vogliamo ricordare la distruzione della scuola nel villaggio di Jubbet Adh Dhib, a pochi chilometri da Betlemme, finanziata dall’UE e che ospitava 81 studenti palestinesi, il 7 maggio 2023, impedendo loro di proseguire il proprio percorso di istruzione.

Quale futuro aspetta i bambini e i ragazzi palestinesi che sopravviveranno all’attuale mattanza? Quali ferite e ricordi di violenza e devastazione li accompagneranno per tutta la loro esistenza? E quale futuro si trovano davanti bambini e ragazzi della Cisgiordania e dei territori occupati?

Ricordiamo tutti la costernazione del mondo della scuola di fronte agli attacchi in Ucraina – fu un dolore enorme – ricordiamo le bandiere gialle e blu realizzate dai nostri alunni, appese nelle scuole, l’accoglienza di bambini e ragazzi ucraini, tra i nostri. Adesso, di fronte ai numeri appena ricordati, di fronte a quanto sta accadendo in queste ore, il dolore si amplifica nel silenzio che aleggia come uno spettro nelle nostre scuole e che ci lascia complici di un simile massacro di vite innocenti. Invochiamo l’urgente necessità di protezione e sicurezza per bambini e ragazzi palestinesi.

Non possiamo far passare ai ragazzi il messaggio che esistano guerre, uccisioni, ingiustizie di serie A e di serie B. I diritti umani che la scuola difende e promuove non hanno legame con i diritti umani che gli Stati delineano lungo le traiettorie strategiche, entro i perimetri di posizionamento. La scuola non elabora criteri di specificità. La scuola difende i diritti umani di tutti e nel difenderli difende se stessa.

Chiediamo che il mondo della scuola si unisca alla condanna del massacro in corso, che difenda la scuola come baluardo di pensiero critico, come luogo di formazione di persone e coscienze di una società aperta e accogliente.

Chiediamo urgentemente al Ministro degli Esteri Antonio Tajani di adoperarsi diplomaticamente e pubblicamente per l’urgente rispetto del diritto umanitario internazionale da ambo le parti in conflitto; la condanna dei crimini di guerra e l’immediato cessate il fuoco, la fornitura di aiuti umanitari e la protezione delle Nazioni Unite per le popolazioni coinvolte con l’invio di forze di interposizione, necessarie nell’urgenza di oggi come nelle incertezze di domani.

Chiediamo al Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara di farsi pubblicamente portatore delle nostre rivendicazioni nelle apposite sedi istituzionali, di adoperarsi affinché ai bambini e ai ragazzi palestinesi sia data l’opportunità di avere accoglienza scolastica presso i nostri istituti.

Crediamo che queste azioni siano irrimandabili sia per contribuire a ripristinare i diritti umani e la giustizia globale sia per non continuare a essere spettatori conniventi e silenziosi di una tragedia umanitaria.

Nella foto di copertina, alunni della scuola elementare di Rafah ©federico neri/Shutterstock.com

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