Il Maroccogate e i diritti saharawi negati

Dopo lo scandalo di corruzione che ha coinvolto il Qatar e il Parlamento europeo l'attenzione si sposta sul Regno di Maometto VI

Dal Qatargate al Maroccogate. Lo scandalo di corruzione che sta scuotendo l’Unione Europea sembra infatti coinvolgere sempre più il Regno di Maometto VI. Le autorità belghe dall’inizio di dicembre hanno fatto irruzione nelle case e negli uffici di diversi parlamentari europei con l’accusa di aver accettato tangenti sia dal Governo del Qatar, che da quello del Marocco. I raid hanno recuperato centinaia di migliaia di euro in contanti. Tra gli arrestati c’è il vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili e l’europarlamentare italiano Antonio Panzeri.

Quello che sta venendo alla luce dai frammenti dell’inchiesta giudiziaria pubblicati sulla stampa belga è che nel 2019 Panzeri, che non era più eurodeputato, e Andrea Cozzolino, suo sostituto all’Europarlamento alla guida della sottocommissione diritti umani e della delegazione del Maghreb, si sono recati, separatamente, a Rabat dove sembra che abbiano incontrato, tra gli altri, il capo del Dged (Direction Générale des Études et de la Documentation, i servizi di sicurezza per l’estero). Nel mandato d’arresto di Pier Antonio Panzeri, 67 anni, inviato in Italia il 9 dicembre da Michel Claise, è accusato di “intervenire politicamente con membri del Parlamento europeo, a vantaggio del Qatar e del Marocco, dietro compenso”. Nellʼinterrogatorio dopo lʼarresto lʼex eurodeputato avrebbe parlato dellʼesistenza di un accordo per evitare risoluzioni contro Qatar e Marocco: “in cambio avrebbero (lui, Giorgi, Marc Tarabella, politico belga ed europarlamentare Andrea Cozzolino)” ottenuto 50mila euro. 

Il Regno Alaouita ha infatti molti interessi da difendere a Bruxelles: gli accordi di pesca e di associazione con l’Ue, il non riconoscimento dell’indipendenza del Sahara Occidentale, oltre al sostegno per evitare condanne per le sue violazioni in materia di diritti umani nei confronti del popolo saharawi e non solo. Un atteggiamento, quello europeo nei confronti dei saharawi, che è stato spesso altalenante. Un esempio su tutti è quello che riguarda la pesca. Nel 2019 l’Europarlamento, infatti, approvò un accordo di pesca che includeva esplicitamente anche il Sahara occidentale, ma il 29 settembre 2021 la Corte di giustizia europea ne annullò la proroga riconoscendo il diritto dei Saharawi. 

Lo spyware israeliano Pegasus

I rapporti tra Panzeri e i servizi segreti marocchini hanno poi messo in evidenza alcune tecniche e procedure utilizzate dalla Direction Générale des Études et de la Documentation di Rabat per controllare e persuadere alcuni eurodeputati intercettati attraverso lo spyware israeliano Pegasus. L’ex primo ministro belga e attuale presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, era stato, ad esempio, tra gli obiettivi dello spionaggio marocchino, come rivelato nel luglio 2021 dall’inchiesta di Forbidden Stories. 

L’utilizzo dello spyware israeliano è un metodo non nuovo per il Marocco, che lo ha più volte rivolto contro i giornalisti. Tra i casi più celebri quello di Omar Radi, premiato la settimana scorsa con il “Premio dell’Indipendenza” da Reporters Sans Frontières e quello Soulaimane Raissouni. Due giornalisti, che avevano condotto indagini contro la corruzione da parte del governo  e che avevano difeso manifestanti che protestavano per i loro diritti nella valle del Rif. I due reporter sono stati condannati in appello nel 2022 a sei anni e cinque anni di reclusione per “violenza sessuale” e, nel caso di Radi, anche di “spionaggio”.

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