Vittoria dei nazionalisti in Serbia e Ungheria, due Paesi al momento vicini alla Russia di Putin e tiepidi sulle mosse del Cremlino in Ucraina. Il presidente dell’Ungheria Viktor Orbán ha vinto nelle elezioni di domenica scorsa il suo quarto mandato consecutivo, il quinto in totale. Il suo partito nazionalista Fidesz si è assicurato la maggioranza dei due terzi in parlamento. Che gli permetterà anche di apportare modifiche alla Costituzione. I sei partiti dell’opposizione coalizzati sotto la sigla Uniti per l’Ungheria, guidata da Péter Márki-Zay ne sono usciti ampiamente sconfitti. .Con circa il 91 percento dei voti conteggiati, la coalizione di Orban ha ottenuto il 53 percento, ma la legge elettorale assegna ad essa i due terzi dei seggi , mentre la coalizione di opposizione pro-europea, ha avuto poco più del 34 percento, secondo quanto dichiarato lunedì dall’Ufficio elettorale nazionale.
Nel suo discorso di celebrazione della vittoria, il leader ungherese ha dato un nome agli “avversari” che ha sconfitto. Essi includono i media internazionali, i burocrati di Bruxelles e il presidente ucraino, Volodymyr Zelenskiy, che lo ha attaccato aspramente per la sua opposizione alle forniture di armi e alle ulteriori sanzioni contro l’invasore russo. Putin si è prontamente congratulato con Orbani per la vittoria. Orban ha incentrato la sua campagna proprio sulla guerra, dipingendo le elezioni come una scelta tra pace e stabilità o guerra e caos. Al suo ultimo comizio elettorale venerdì, aveva affermato che non intende fornire armi all’Ucraina – l’Ungheria é stata la sola tra i memri dell’UE a rifiutarsi – renderebbe il paese un obiettivo militare, e che sanzionare le importazioni di energia russa paralizzerebbe l’economia dell’Ungheria.
L’opposizione al contrario chiedeva che l’Ungheria si schierasse con Kiev e di che agisse all’unisono con l’Unione Europea e l’alleanza militare della Nato, di cui fa parte. I media filogovernativi hano ampiamente sostenuto la tesi di Orban, secondo cui l’opposizione voleva trascinare l’Ungheria nel conflitto. Orban era alleato del presidente russo Vladimir Putin anche da prima dell’invasione in Ucraina, e ha insistito affinché l’Ungheria rimanga neutrale e mantenga i suoi stretti legami economici con Mosca, e soprattutto continui a importare gas e petrolio russo. fornito a condizioni particolarmente favorevoli. L’85% del gas dell’Ungheria e il 64% del suo petrolio provengono dalla Russia.
Questo marca una rottura con i Paesi dell’ex blocco sovietico come la Polonia e la Repubblica Ceca. “Az oroszok menjenek haza!” “Russi andate a casa!” , lo slogan dei tempi dell’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956 intonato da alcuni giovani a Budapest, non ha avuto eco, e malgrado la rottura del cosiddetto Patto di Visegrad, che riuniva Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, Orban resta saldo al potere. Dopo aver speso ampiamente in tasse e sussidi per vincere le elezioni, il governo Orbán ha bisogno dei fondi dell’Ue per riempire il deficit creato nelle finanze dello Stato. Resta da vedere se Bruxelles sarà in grado di usare quest’arma per indurre il presidente a un maggior rispetto delle minoranze e dei diritti fondamentali dell’Unione.
La vittoria di Vucic in Serbia
Anche Il presidente in carica della Serbia, Aleksandar Vucic, si è assicurato la rielezione conl 59,5 percento dei voti nelle elezioni presidenziali dello stesso giorno, quando la Commissione elettorale statale ha contato l’87,67 percento delle schede. La commissione ha anche reso noto che il Partito progressista serbo (SNS) di Vucic ha ottenuto il 43,4 percento dei voti nelle elezioni parlamentari. Il candidato presidenziale dell’opposizione Zdravko Ponos, un generale dell’esercito in pensione, ha ottenuto il 17,5, mentre la sua alleanza Uniti per la vittoria ha ottenuto il 13 percento. Il Partito Socialista della Serbia, alleato della coalizione di Vucic, è terzo con l’11,7 percento.
Malgrado il suo passato, -Vucic é stato ministro dell’informazione nel governo di Slobodan Milosevic- ha preso poi le distanze dal suo passato politico, adottando un orientamento pro-europeo, conducendo i negoziati per l’ adesione della Serbia all’UE, e ha stretto rapporti con i leader europei , in particolare con Angela Merkel e Emmanuel Macron . E’ stato spesso criticato come autocrate e populista per la sua gestione intransigente degli avversari politici.
Le elezioni parlamentari erano previste per il 2024; tuttavia, nell’ottobre 2020, il presidente Aleksandar Vučić ha dichiarato che le elezioni parlamentari si sarebbero tenute nell’aprile 2022 o prima. Oltre alle elezioni generali, le elezioni locali si sono tenute contemporaneamente in 12 comuni e 2 città. Si pensa che la decisione di anticipare le elezioni risiedesse nella convinzione, ora confermata, che il risultato delle elezioni presidenziali si sarebbe riflesso nelle elezioni parlamentari, consolidando il suo potere anche alla Camera. Per questo, dicono i suoi critici, ha fatto dimettere il governo e ha convocato elezioni parlamentari anticipate in coincidenza con quelle presidenziali. Il suo governo ha sostenuto la dichiarazione delle Nazioni Unite che condannava l’aggressione russa contro l’Ucraina e ha anche sostenuto la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, ma non ha voluto imporre alcun tipo di sanzione alla Russia. Anche in questo caso, le forniture di carburante e di beni alimentari hanno giocato un ruolo fondamentale. Al rifiuto delle sanzioni, Vucic ha aggiunto un veto le esportazioni di prodotti alimentari chiave, e mettendo un tetto ai prezzi di beni essenziali. Lo slogan della sua campagna, che prima era “I risultati parlano da soli”, è stato sostituito con “Pace, stabilità, Vucic”.
Questo ha tolto potere alle proteste dell’opposizione per i piani della compagnia mineraria Rio Tinto di aprire una miniera di litio nella Serbia occidentale. I manifestanti hanno bloccato autostrade e strade cercando di costringere il governo a fermare il progetto altamente pericoloso per l’inquinamento dell’acqua e degrado dell’ambiente. Gli attivisti e i gruppi ambientalisti stavano guadagnando terreno nei sondaggi, ma Il governo è riuscito a impedire che le questioni ambientali determinassero l’andamento della campagna annullando tutti gli accordi con Rio Tinto e fermando il progetto.