Iran: protesta e repressione

L'annuncio del rincaro della benzina ha portato in strada migliaia di persone mentre lo Stato reprime la folla e  oscura internet

Cambia lo Stato ma il registro rimane grossomodo lo stesso. Le proteste contro il caro della vita e causate dal malcontento sociale hanno invaso anche l’Iran. Le dimostrazioni sono scoppiate venerdì 15 novembre dopo che è stato annunciato il rincaro del prezzo della benzina. La mossa prevedeva il lancio di uno schema di razionamento e la riduzione dei sussidi, facendo salire i prezzi di almeno il 50%. Il piano è stato approvato dal Consiglio supremo di coordinamento economico, composto dal presidente Hassan Rouhani, dal capo della magistratura Ebrahim Raisi e dal presidente del parlamento Ali Larijani.

Alla decisione sono seguiti giorni di protesta a cui lo Stato ha reagito duramente. Amnesty International ha, nella serata di ieri, denunciato che, in base alle prove da loro esaminate, le forze di sicurezza iraniane hanno usato forza eccessiva e letale per stroncare le proteste che si sono svolte in oltre 100 città. Informazioni attendibili parlano di almeno 106 manifestanti uccisi in 21 città. “Tuttavia – si legge nel comunicato della ong –  il numero effettivo potrebbe essere più alto e, in base ad alcune fonti, le persone uccise sarebbero circa 200. Gli organi d’informazione statali hanno parlato di una manciata di manifestanti uccisi e di almeno quattro vittime anche tra le forze di sicurezza”. Sarebbero poi oltre mille i manifestanti arrestati, tra cui la difensora dei diritti umani Sepideh Gholian.

L’Iran ha poi disposto il blocco pressoché totale di Internet, rendendo inaccessibile quasi ogni forma di comunicazione online alle persone all’interno dell’Iran. Per bloccare il malcontento il ministero del Welfare e del Lavoro iraniano ha dichiarato che verserà entro il 20 novembre i primi sussidi derivanti dalle nuove entrate per i contestati rincari sulla benzina a 20milioni di persone. Entro pochi giorni, poi, i pagamenti riguarderanno altri 40milioni di cittadini bisognosi. La misura è stata anticipata rispetto ai 10 giorni previsti. Intanto la milizia iraniana ha accusato gli Stati Uniti di aver istigato disordini nel Paese.

Da anni l’economia iraniana è stata investita dalle sanzioni americane. La situazione è peggiorata dal maggio 2018, quando il presidente Donald Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare del 2015 e ha reintrodotto sanzioni paralizzanti. Le sanzioni includono il blocco della vendita internazionale del petrolio iraniano. Washington chiede infatti che si metta fine alle importazioni di greggio dall’Iran, che genera il 60% del reddito del Paese.

Non solo benzina, comunque. A guidare i disordini è infatti lo stato di sofferenza dell’economia iraniana, dove la disoccupazione ha raggiunto livelli altissimi e l’inflazione ha superato il 40%. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, l’economia iraniana è già in “grave disagio” e nel 2019 subirà un calo del 9,5 per cento. La recessione ha anche visto la valuta dell’Iran, il rial, precipitare per registrare i minimi contro il dollaro. Già nel luglio 2018 l’Iran era stato scosso da proteste causate dalla mancanza di acqua cronica e dalla grave crisi economica. Minatori, camionisti, muratori, commercianti  e altre categorie di lavoratori avevano organizzato scioperi per manifestare la loro contrarietà alla gestione governativa delle risorse.

di Red/Al.Pi.

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