E’ arrivata la firma. Lo storico accordo per il Sudan è nero su bianco, approvato dal Consiglio militare al potere da dopo la destituzione del presidente-dittatore al-Bashir e dalla principale coalizione di opposizione. Con la firma del 17 agosto 2019 ha ufficialmente preso il via il governo civile di transizione. Il documento, così come annunciato a luglio, prevede la creazione di un Consiglio sovrano che avrà il compito di gestire la transizione per tre anni. L’organo è formato da undici membri, cinque nominati da ciascuna delle due parti, oltre ad una personalità civile.
Dovrà essere poi nominato un nuovo Primo ministro, il cui governo sarà reso noto il 28 agosto. Con ogni probabilità alla guida dell’esecutivo ci sarà l’economista Abdalla Hamdok, alto dirigente del Ministero delle Finanze sudanese prima del golpe militare del 1989 che dette ad Omar al Bashir il potere e con una lunga esperienza in varie istituzioni internazionali. Hamdok sarà il primo premier non militare in 30 anni di storia politica del Paese. L’ufficialità arriverà comunque nella giornata di martedì 20 agosto. Previste poi anche due figure di garanzia: il presidente della magistratura Abdel Gader Mohamed e il procuratore generale Mohamed al Hafiz, entrambi magistrati indipendenti.
L’accordo è stato firmato alla presenza del premier etiope Abiy Ahmed, che fin dall’inizio si era reso disponibile alla mediazione e del presidente sud-sudanese Salva Kiir, dal generale sudanese Mohamed Hamdan Dagolo, numero due della giunta militare, conosciuto come ‘Hemeti’ (uomo di punta delle milizie janjaweed tristemente note nella guerra del Darfur e personalità a dir poco controversa di cui vi abbiamo parlato qui) e da Ahmed Rabie, in rappresentanza delle opposizioni riunite nell’alleanza delle Forze per la libertà e il cambiamento. Secondo alcuni media sudanesi, il Consiglio sovrano del Sudan comprenderà l’attuale capo del Consiglio militare, Abdel Fattah al-Burhan, il suo vice, lo stesso Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo, e il generale Yasser Al Atta.
Dopo la firma migliaia di persone in festa hanno riempito le strade di Khartoum, arrivate da diverse parti del Paese, per celebrare l’intesa. Gioia esplosa nonostante questi siano giorni duri per il Sudan, alle prese con violente alluvioni che hanno provocato morti e centinaia di sfollati.
Colpite in particolare la capitale, la città di Omdurman e le comunità che si trovano lungo il Nilo. Case allagate, colture devastate, strade dissestate e impraticabili sono solo alcune delle conseguenze delle violenti piogge. Come è facile immaginare la situazione sanitaria e igienica è devastante e si teme la diffusione di epidemie. Le inondazioni, nei primi giorni di agosto, avevano poi colpito anche il Darfur occidentale.
Intanto con la firma dell’accordo è iniziato anche il processo nei confronti dell’ex presidente Omar al-Bashir per possesso di valuta estera, corruzione e ricevimento illegale di regalie. Oltre a queste accuse di giustizia interna, su di lui continua a pesare anche il mandato di cattura internazionale emesso dal Tribunale penale internazionale, cui deve rispondere di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio commessi in Darfur. Per far partire la giustizia internazionale le nuove autorità dovrebbero prima ratificare (la firma era arrivata nel 2000) lo Statuto di Roma.
*L’immagine di copertina è tratta dal video di Al Jazeera
(di Red/Al.Pi.)