L’Onu scarica Afghanistan e Myanmar

Dopo le decisione di settimana scorsa sono diverse le reazioni dei due Paesi. Il partito di Aung San Suu Kyi fa buon viso a cattivo gioco. I Talebani contestano il rinvio

Non è senza ricadute quanto è successo alcuni giorni fa alla Commissione Onu sulle candidature, che decide chi deve rappresentare diplomaticamente a Palazzo di Vetro i diversi Paesi, è la spia di quanto i dossier birmanoe talebano continuino a creare imbarazzo nella comunità internazionale. Con qualche differenza. Il caso, risoltosi il 1 dicembre scorso con l’ennesimo rinvio, riguardava infatti gli ambasciatori delle due nazioni al centro delle guerre più sanguinose dell’Asia: il Myanmar appunto e l’Afghanistan. Risolto il problema della rappresentanza durante l’annuale Assemblea generale dell’Onu – dove si è deciso di non far parlare né i rappresentanti dei vecchi governi (quello di Win Mint e Suu Kyi e quello di Ashraf Ghani) né gli ambasciatori nominati da quelli nuovi (un militare birmano e un portavoce dei Talebani) – la Commissione di nove membri (tra cui Russia, Cina e Usa), incaricata di decidere sulle credenziali, ha infatti rinviato la decisione sui legittimi rappresentanti di entrambi i Paesi. A data da destinarsi.

I Talebani hanno reagito con durezza mentre i birmani del Nug, più sostenuti da gran parte della diplomazia internazionale, hanno fatto buon viso a cattivo gioco. A differenza dei Talebani, il governo ombra birmano trova sempre più posto nei consessi internazionali e così nei corridoi della diplomazia internazionale anche se per ora il Nug (come i Talebani ma forse con più chance) resta in sala d’attesa. Qualcosa comunque si muove. Lo dimostrano due episodi recenti solo apparentemente secondari: a fine novembre la giunta è stata esclusa da due summit internazionali. Il primo era organizzato dall’Asean, l’associazione regionale del Sudest asiatico di cui anche il Myanmar fa parte. E al meeting virtuale Asia-Europa (Asem) la giunta non è stata invitata. O meglio, l’Asean ha fatto sapere che avrebbe accettato solo osservatori birmani e non rappresentanti politici tanto che Naypyidaw ha poi deciso di non mandare nessuno. Ma forse ancora più sonoro è stato lo schiaffo arrivato dai cinesi.

Prima del vertice Asem infatti, Pechino ha escluso i golpisti dall’Asean-China special summit. Pechino avrebbe cercato di convincere gli altri ad accettare al tavolo i generali salvo poi scegliere per l’esclusione dopo le proteste soprattutto di Malaysia, Filippine, Singapore e Indonesia, che tra l’altro assume adesso la presidenza del G20. Resta aperturista la Cambogia cui tocca ora la presidenza dell’Asean: il premier Hun Sen ha detto di voler visitare il Myanmar. Da segnalare che a Roma esponenti del Nug sono stati invitati al convegno organizzato il 7 dicembre dai sindacati e da Italia-Birmania Insieme. E’ successo anche a Parma all’iniziativa promossa dalla senatrice Albertina Soliani: piccoli passi che avvicinano il Nug  ai Paesi sensibili al dramma birmano.

(Red/Est)

In copertina il complesso Onu a New York

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