di Emanuele Giordana
La chiamano “Iron Campaign”, una protesta non violenta che parte dalle case contro la dittatura militare e contro il colpo di stato militare, co-organizzata da studenti e gruppi giovanili. Insomma qualcuno ha preso sul serio l’invito a “resistere” attribuito ieri ad Aung San Suu Kyi, agli arresti con altri leader della Lega nazionale per la democrazia birmana dopo che, lunedi mattina, Tatmadaw – le forze armate – ha occupato i centri nevralgici del Paese e assunto tutti i poteri con un golpe inaspettato anche se largamente annunciato. Le voci che raccogliamo dalle nostre fonti in Myanmar ci parlano di proteste non proprio silenziose e che si stanno estendendo. La Iron Campaign appunto: le persone nelle loro case battono lattine, padelle, pentole mentre dicono slogan contro la dittatura e per la liberazione di Aung San Suu Kyi. Ma questa forma di cacerolazo (termine spagnolo con cui si indica una manifestazione pacifica e rumorosa, in spazi privati o pubblici) non è la sola protesta.
Una ventina di ospedali sarebbero in sciopero fra cui l’ospedale nazionale di Naypyidaw, la capitale assediata dall’esercito, con una campagna di disobbedienza civile a cui, oltre che medici ed infermieri, si stanno unendo anche ingegneri. Una protesta “ormai estesa, a macchie, in tutto il Paese” ci racconta un locale cui garantiamo l’anonimato “e si sta cercando di organizzare uno sciopero generale a tempo indeterminato”. Tutto sarebbe iniziato a Mandalay (una delle antiche capitali birmane) con un movimento di disobbedienza civile partito in città da parte di medici ed infermieri che hanno deciso di incrociare le braccia. Sommovimenti che indicano comunque il fatto che i birmani non sono disposti a digerire il golpe.
Si riunisce il CdS all’Onu
Intanto il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si riunisce oggi per discutere del colpo di stato militare nel Myanmar, mentre diversi Paesi han preso posizione. Joe Biden, scrive Foreign Policy, ha detto che le azioni dei militari “richiedono una revisione immediata delle nostre leggi e autorità sanzionatorie, seguite da un’azione appropriata per difendere la democrazia”. E se anche l’Europa condanna, pure nel Sudest asiatico i vicini di casa chiedono (attraverso l’associazione regionale Asean) un “ritorno alla normalità”. Al Consiglio di sicurezza Cina e Russia cercheranno sicuramente di smorzare i toni di condanna e del resto Pechino, il principale partner commerciale del Myanmar, ha definito il golpe – come scrive l’agenzia di stampa Xinhua – un semplice “rimpasto di governo”. Infatti La Cina e la Russia hanno intanto bloccato una dichiarazione redatta dagli inglesi che condannava il colpo di stato e chiedeva il suo annullamento, mentre anche India e Vietnam hanno espresso riserve.