di Maurizio Sacchi
Nelle memorie di un ex narcos, Carlos Lehder, si smentiscono almeno due luoghi comuni, che riguardano i rapporti fra le organizzazioni criminali colombiane e la politica. Il suo libro Life and Death of the Medellín Cartel (qui sotto la copertina dell’edizione in spagnolo uscita in contemporanea) è stato pubblicato in febbraio da Penguin Random House. Nelle pagine del suo libro di memorie, l’autore affronta il tema del finanziamento delle campagne politiche con il denaro della droga, il rapporto tra i trafficanti e i guerriglieri dell’epoca e le loro attività.
Il denaro della droga ha permeato la politica colombiana. Tra gli altri, Lehder cita gli ex presidenti Alfonso López Michelsen (1974-1978) e Belisario Betancur (1982-1986), entrambi deceduti. Assicura ai lettori che, nella campagna presidenziale del 1982, López – che era già stato presidente e si candidava per il Partito Liberale – ricevette contributi da Pablo Escobar e da altri sette narcotrafficanti mentre il signore della droga Gonzalo Rodríguez Gacha, El Mexicano, non volle contribuire perché si considerava un conservatore. e diede quasi un milione di dollari al Partito Conservatore di Betancur, vincitore delle elezioni del 1982.
Sul versante politico opposto, Lehder racconta di un incontro con Manuel Marulanda Vélez, alias Tirofijo, e Jacobo Arenas, allora leader di primo piano del movimento guerrigliero delle Farc. Con loro, dice di aver siglato un accordo sul traffico di droga. Sui terreni che avevo ottenuto da loro, situati nel dipartimento della Vichada, potevo costruire piste di atterraggio e farle funzionare”, annota nel libro. “Per quanto riguarda il traffico di droga, dovevo pagare alle FARC – in contanti – il 10% di tutti i miei profitti realizzati a Vichada, la stessa percentuale che pagavano tutti i coltivatori di piante di coca e i proprietari di laboratori. Ho accettato i termini come equi e vantaggiosi per tutti noi”. Da questo accordo, che tra l’altro imponeva il divieto assoluto di smercio della cocaina ai lavoratori, e il salario minimo per gli agricoltori, prese spunto la teoria Usa della “narcoguerrigia”. Su questo teorema si giustificava l’invio di elicotteri armati americani alle forze armate colombiane, usate non tanto per la lotta ai cartelli, quanto in ottica anti.insurrezionale.
Per quanto riguarda il Movimento M-19, di cui faceva parte l’attuale presidente Gustavo Petro, Lehder smentisce la versione narrata nella famosa serie TV “Narcos” della drammatica presa del Palazzo di giustizia di Bogotà del 6 novembre del 1985. Lehder dice che il Cartello di Medellín non ha finanziato la presa del Palazzo di Giustizia di Bogotà. “Quello che posso assicurare [a tutti] sulle numerose speculazioni che coinvolgono Pablo Escobar è che si tratta di versioni false. Né Pablo Escobar né io abbiamo mai saputo in anticipo dei piani dell’M-19 di assaltare il Palazzo di Giustizia. Inoltre – a mio parere – questo tipo di operazione (…) non richiedeva grandi costi monetari, perché i guerriglieri non ricevono uno stipendio, né sono mercenari sotto contratto”. Nella fantasiosa, e tendenziosa, versione della serie televisiva, si spiega l’assalto come un espediente per distruggere gli archivi giudiziari riguardanti Pablo Escobar.
In realtà, le motivazioni erano altre, e riguardavano il processo di pace.L’M-19 sosteneva che l’Esercitodi Colombia avesse rotto il cessate il fuoco qualche mese prima dell’assalto alla Corte suprema: il governo di Belisario Betancur Cuartas non aveva rispettato gli accordi di Corinto, Hobo e Medellín, firmati il 24 agosto 1984. Il presidente Betancur si era impegnato a raggiungere la pace con i gruppi armati. Nel novembre 1983, si incontrò a Madrid con i comandanti dell’M-19 Iván Marino Ospina e Álvaro Fayad, la prima volta che un presidente colombiano in carica si incontrava con i guerriglieri armati.1Il comandante dell’Esercito nazionale, Miguel Vega Uribe, e il ministro della Difesa, generale Fernando Landazábal, destituito nel gennaio 1984, non erano d’accordo. Il presidente della Commissione di dialogo, Otto Morales Benítez, parlò di “nemici subdoli della pace “.
Il sabotaggio del processo di pace da parte della destra e dei vertici militari si rese evidente nei giorni precedenti al dramma del Palazzo di giustizia. Il 15 marzo 1985 si svolse a Bogotá la marcia “Desagravio por la paz y la democracia”, indetta dall’M-19; 23 in aprile le città furono militarizzate in occasione dell’anniversario dell’M-19, in maggio ci fu un attentato ad Antonio Navarro, in giugno la presa di Génova (Quindío),24 la morte di Iván Marino Ospina in agosto a Cali,25 il massacro nel sud-est di Bogotá (per il quale, nel 1997, la Commissione interamericana per i diritti umani (CIDH) stabilì l’omicidio extragiudiziale di 11 persone, 10 militanti dell’M-19 e un civile: 10 militanti dell’M-19 e 1 civile. Fu a questo punto che l’ M-19 decise per la presa del Palazzo. Operazione che aveva l’obbiettivo di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sul sabotaggio del processo di pace. Ma i falchi della destra colsero l’occasione per trasformasrla in un bagno di sangue.
Se durante la campagna elettorale Petro ha dovuto respingere le accuse derivanti dal suo passato con l’M-19, ora si trova, a 18 mesi dalla sua vittoria, ad affrontare lo scontento popolare. L’opinione pubblica colombiana è orientata a destra, mentre la sinistra perde costantemente terreno. Le riforme della sanità, delle pensioni e del lavoro incontrano ostacoli al Congresso. Le preoccupazioni per la sicurezza sono in aumento, con l’87% che ritiene che la sicurezza pubblica si stia deteriorando. Le preoccupazioni economiche aumentano, con l’80% che la vede in declino.Unica nota positiva è che il 49% dei colombiani ritiene che l’istruzione stia migliorando in termini di qualità e copertura.
I sindacati che sostengono il primo presidente di sinistra della Colombia hanno un indice di disapprovazione del 57%, il più alto in 23 anni di sondaggi. E poi, il 63% degli intervistati si oppone alla legalizzazione della cannabis, mentre solo il 33% è favorevole, il più basso sostegno in due anni. Il rifiuto complessivo del traffico e del consumo di droga è del 78%. Inoltre, il 61% non è d’accordo con la sua proposta di sospendere le esplorazioni di petrolio e gas.
Il pessimismo dell’opinione pubblica si è riversato anche sul piano di “pace totale”, fiore all’occhiello del presidente. Il governo sta negoziando con più gruppi armati contemporaneamente, attuando al contempo l’accordo firmato da Juan Manuel Santos con l’ormai defunta guerriglia delle FARC. In particolare, il 74% degli intervistati ritiene che l’attuazione dell’accordo stia andando nella direzione sbagliata, contro il 21% che è di parere opposto. D’altra parte, i dati sono molto simili a quelli osservati durante l’amministrazione Duque, nota per la sua posizione critica nei confronti dell’accordo. Il 63% dubita che il governo rispetterà la sua parte dell’accordo, mentre il 73% ritiene che anche il defunto gruppo guerrigliero non lo rispetterà.
Ora Petro assicura che le riforme,su cui si gioca credibilità e popolarità, avranno un’accelerazione. Impresa non facile, considerando quanto radicati e profondi sono i mali che attraversano la società colombiana. E tutto é reso più arduo, data la coerenza con cui Petro si propone di realizzare la decarbonizzazione dell’economia. Una risorsa economica importante che viene a mancare, proprio mentre il Mondo pare aver fatto dietro-front sullo stesso tema; a partire dal suo potente vicino e alleato, il Brasile di Lula.
Nell’immagine dall’archivio della Policia Nacional de Colombia, l’esercito durante l’assalto alla Corte suprema del 1985