Nigeria, l’ombra dei social sulle elezioni

Nel febbraio 2019 il Paese, in preda alla violenza, sceglierà il nuovo presidente mentre rimbalzano notizie di presunte morti e incitamenti all'odio

Sale in Nigeria l’attesa per le elezioni presidenziali di febbraio 2019. Gli oltre 80 milioni di elettori saranno chiamati a scegliere tra 78 candidati, anche se è chiaro che il duello vero e proprio sarà tra il presidente in carica Muhammadu Buhari, candidato dell’Apc (All Progressive Congress) e Atiku Abubakar, il candidato del Pdp (People’s Democratic Party). Buhari è stato una figura di spicco nell’esercito nigeriano e nel 1966 fu tra gli autori del colpo di stato che portò al potere il colonnello Murtala Muhammed. Pare però che questa volta non goda più dell’appoggio di tutto il comparto militare, in parte schierato con Abubakar.

Atiku Abubakar

Per il momento l’argomento che ha tenuto alta l’attenzione sulla tornata elettorale, che avviene in un momento delicatissimo per gli equilibri del paese africano, è la presunta morte dello stesso Buhari.

Tramite anche la diffusione della notizia sui social network, sono in molti (in primis il gruppo scissionista del Biafra, regione nel Sud Est del Paese) a pensare che la persona che in questo momento sta facendo la parte di Buhari sia in realtà un impostore sudanese.

Tramite anche la diffusione della notizia sui social network, sono in molti (in primis il gruppo scissionista del Biafra, regione nel Sud Est del Paese) a pensare che la persona che in questo momento sta facendo la parte di Buhari sia in realtà un impostore sudanese.

Muhammadu Buhari

La questione social network e diffusione di fake news in un paese digitalmente giovane come la Nigeria è infatti più che attuale.

Pochissimi sono in grado di distinguere un contenuto vero da uno falso e quasi nessuno sa come segnalare a Facebook i contenuti falsi o violenti.

La polizia nigeriana è convinta che diverse tra le violenze etniche e religiose che hanno lacerato la Nigeria nell’ultimo anno siano legate proprio alla diffusione di fake news o immagini su Facebook che incitano all’odio etnico e religioso.

Muhammadu Buhari con Mark Zuckemberg

Negli ultimi tre anni almeno 3.641 persone sono morte in Nigeria nel conflitto tra pastori musulmani Fulani e agricoltori cristiani (Berom). La denuncia arriva dalla ong Amnesty International che nel rapporto “Harvest of Death: Three Years of Bloody Clashes Between Farmers and Herders” sottolinea come il conflitto si sia intensificato nel 2018 e come le autorità non facciano nulla o quasi per fermare o prevenire “stragi, vandalismi e incendi di case e villaggi”. Tra il 5 gennaio 2016 e il 5 ottobre 2018 si sono verificati 310 attacchi, soprattutto negli Stati centrali del paese. Il testo di Amnesty parla di villaggi distrutti, religiosi bruciati vivi, donne e bambini fatti a pezzi in assalti condotti con armi sofisticate come kalashnikov e lanciarazzi.

Ma un altro aspetto fondamentale che si rileva nel rapporto è che gli scontri, da molti descritti con movente religioso, sarebbero da imputare al “peggioramento delle condizioni ambientali, che hanno obbligato gli allevatori a muoversi verso sud” alla ricerca di terreni. La scarsità di risorse e la competizione soprattutto per la terra, l’acqua e i pascoli dovuta ai cambiamenti climatici costituisce una delle principali cause degli scontri.

Non tutti però pensano che la religione non c’entri. Il reverendo Dacholom Datri, presidente della Chiesa di Cristo in Nigeria ha infatti sottolineato in un rapporto sul massacro di 646 cristiani in otto mesi nel solo Stato di Plateau, che lo scontro tra agricoltori e allevatori è “solo una scusa inventata per nascondere la verità e continuare a perpetrare il male”. Secondo il reverendo i musulmani Fulani che stanno massacrando i cristiani non sono “assalitori sconosciuti” o semplici allevatori ma “membri di milizie” armati di tutto punto. I sostenitori di questo punto di vista mettono poi in luce la complicità del presidente Muhammadu Buhari, anche lui Fulani.

Intanto anche i rapimenti di religiosi nel Paese sono frequenti. L’ultimo è avvenuto il 18 dicembre ai danni del vescovo anglicano Clement Ekpeye di Ahoada. Gli aggressori hanno preso d’assalto la residenza del vescovo ad Ahoada, nella provincia interna del Delta del Niger dove la chiesa anglicana è molto radicata e dove in passato si sono verificati altri rapimenti.

(Al.Pi.)

*In copertina una foto tratta da Nigrizia.it

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