Etiopia: una ‘Pace’ che non regge

La fuga è per molti ancora pane quotidiano in Etiopia. Più di 50.000 persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case, nel nord del Paese, a causa della ripresa del conflitto nella regione settentrionale al confine con le regioni di Amhara e Tigray. A produrre il maggior numero di sfollati sono stati gli scontri armati del 13 aprile, nelle zone di North Wello e Wag Hamra. La maggior parte delle persone in fuga sono donne e bambini, che cercano rifugio nelle varie comunità o si riparano in un’area aperta vicino alla città di Kobo.

Il partito di opposizione Amhara National Movement ha accusato il Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf) di aggressione, mentre il fronte tigrino ha affermato che si tratta di un’escalation orchestrata da chi non vuole che l’accordo di Pretoria funzioni. La ripresa degli scontri conferma quindi come l’accordo di Pretoria, siglato nel novembre 2022, che aveva (in teoria) posto fine a una guerra di due anni tra il governo federale e il Tplf sia più che fragile. I primi rapporti delle autorità locali sottolineano che il rinnovato conflitto nel nord del Paese potrebbe estendersi alle zone circostanti.

Il 2024 è già un anno drammatico per l’Etiopia, Paese più popoloso d’Africa: 21milioni di persone hanno bisogno di sostegno umanitario a causa dei conflitti e degli shock climatici. E la situazione non migliorerà nei prossimi mesi, visto che secondo gli osservatori si profila una stagione di siccità (da luglio a settembre), in cui si prevede che 10,8 milioni di persone soffriranno di grave insicurezza alimentare.

Il 16 aprile in un evento dell’Ocha una ventina di donatori hanno annunciato un sostegno finanziario al Paese di 610 milioni di dollari per assistere gli oltre 4milioni di sfollati interni. Per l’intero anno, il piano richiederebbe 3,24 miliardi di dollari, ma finora è stato finanziato per meno del 5 per cento. Secondo l’Onu, l’Etiopia avrebbe bisogno urgentemente di un primo miliardo di dollari per far fronte alle necessità più urgenti della popolazione, in vista del periodo di siccità. Gli Stati Uniti, il principale donatore umanitario dell’Etiopia, hanno avvertito che le sue risorse sono “sempre più limitate”, mentre il secondo donatore, Il Regno Unito, ha sottolineato come l’Etiopia rischi di essere “oscurata da altre crisi umanitarie a livello globale”.

Ma non ci sono solo sfollati interni. L’Etiopia ospita anche oltre 823.000 rifugiati e richiedenti asilo provenienti principalmente dal Sud Sudan, dalla Somalia e dall’Eritrea. La maggioranza vive in 24 campi profughi istituiti in cinque stati regionali. Ai 4,2 milioni di sfollati interni si sommano poi oltre 1,5 milioni di sfollati rimpatriati, in gran parte derivanti dal conflitto in corso nell’Etiopia settentrionale e da conflitti e tensioni localizzati in diverse parti del Paese. In tutto questo non si può dimenticare che l’Etiopia è uno dei Paesi più colpiti dall’impatto del cambiamento climatico, che sta provocando aumento della desertificazione ed eventi climatici estremi che vanno sempre più a colpire i piccoli agricoltori.

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