L’Armenia sta vivendo un momento di grande cambiamento politico tra proteste di piazza, l’elezione del nuovo premier (ex presidente della Repubblica) e le successive dimissioni.
Di seguito il reportage a puntate scritto da Teresa Di Mauro, che in questi mesi si trova in Armenia.
di Teresa Di Mauro
La birra, nella maggior parte dei bar nel cuore di Yerevan viene servita in una lungo e sinuoso boccale alle donne e in uno basso e grosso per gli uomini, sì perché è proprio così che appaiono uomini e donne in Armenia: bellissime, slanciate le ragazze e poco curati e robusti gli uomini. L’essere maschi li esime anche dalla cura di se stessi. Andare in palestra, curare il proprio aspetto è qualcosa che solo le donne fanno insieme ai compiti domestici e la cura dei bambini, gli uomini si occupano del resto. Alle donne è richiesto di arrivare vergini al matrimonio ed è tradizione dopo, donare alla sposa delle mele rosse, simbolo della verginità perduta.
L’uomo è colui che porterà avanti il nome di famiglia ed è proprio per questa convinzione che l’Armenia è al secondo posto, dopo la Cina, per numero di aborti selettivi. Nel 2013 il numero di maschi nati era 114/100 femmine contro una media di 104/100. Nel 2016, è stata approvata una legge che vieta gli aborti selettivi ed impone tre giorni di riflessione prima di effettuare un aborto. Secondo alcune organizzazioni però, qualsiasi restrizione sull’aborto va a discapito delle più povere che non hanno solitamente né possibilità di aspettare, né di andare spesso dal medico.
La messa in discussione di questo status quo, può essere molto rischiosa. Lo scorso Gennaio vi è stato un grande scandalo all’interno del Consiglio comunale a Yerevan. Due deputate hanno protestato poiché in uno dei distretti della capitale, l’acqua delle fognature di una prigione locale ha raggiunto le case, diffondendo un odore sgradevole. Hanno portato due provette con l’acqua maleodorante e le hanno fatte girare tra i loro colleghi. La reazione dei consiglieri è stata sconcertante. Le hanno aggredite fisicamente e verbalmente accusandole di aver fato una cosa inappropriata, e di essere incapaci di ricoprire il loro ruolo di donne. Sono state colpite al seno e schiaffeggiate, mentre i giornalisti filmavano tutto. A seguito di questo evento, il governo ha impedito ai giornalisti di entrare all’interno delle aule. Adesso possono seguire gli incontri da uno schermo, in una stanza apposita.
Essere donne comporta dei rischi non solo quando si espongono in pubblico, ma anche nella vita privata. Nel 2014, l’allora vice presidente dell’Assemblea nazionale disse: “La questione della violenza contro le donne è inesistente n Armenia, dato che la nostra nazione onora le madri”. Solo pochi mesi fa infatti, è stata approvata una legge a riguardo, frutto dell’impegno durato dieci anni , da parte delle organizzazioni che si occupano di diritti umani . La legge è stata sottoposta a numerosi emendamenti: innanzitutto non si parla di violenza domestica, bensì di violenza in famiglia. Inoltre, si è passati dal concetto di difesa e protezione individuale, al tentativo di ripristino dell’armonia familiare tramite “riconciliazione”.
Questo termine è estremamente problematico, poiché prevede l’intervento della polizia in veste di mediatore, all’interno della vita privata della famiglia, al fine di riappacificare le parti e non ricorrere al tribunale. Il rischio più grande è che la vittima sia sottoposta a forti pressioni e non ad una vera e propria difesa. Inoltre sono in tanti a temere che la legge sia solo un strumento per demolire la famiglia tradizionale ed esportare i valori ”liberali” occidentali. Probabilmente un ruolo centrale nell’affermazione della norma è stato giocato dalla pressione svolta dalla Commissione Europea dei diritti umani, la quale ha stanziato 11 milioni di euro affinchè l’Armenia facesse un passo avanti in materia di diritti umani. Il risultato finale però, è una legge che ha poche possibilità di essere un grande strumento di difesa per le donne vittime di violenza.
A non avere spazio nella società armena poi, sono anche gli omosessuali. Solo nel 2003 l’omosessualità è stata resa legale, le unioni civili non sono state legalizzate e sono riconosciute solo se avvenute all’estero. Inoltre agli omosessuali è vietato il servizio di leva (obbligatorio per i maschi) poiché vengono classificati come malati di mente e mandati da una psichiatra. L’omosessualità femminile è un tema poco dibattuto. Quello che è chiaro è che essere donne ed omosessuali, nell’attuale religiosissima Armenia, richiede molto coraggio.