di Maurizio Sacchi
Il Ministro degli Affari Esteri russo, Sergei Lavrov, é arrivato a Brasília il 17 aprile per un colloquio con il suo omologo brasiliano, Mauro Vieira, nell’ultimo di una serie di incontri bilaterali. Dopo i colloqui, Larov ha elogiato gli sforzi del Brasile per i colloqui di pace e ha espresso gratitudine per la sua “comprensione della genesi della situazione”. Sebbene il Brasile abbia votato per condannare l’aggressione russa alle Nazioni Unite a marzo, Lula è stato spesso ambivalente sul conflitto. Recentemente ha suggerito che l’Ucraina dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di cedere la Crimea per raggiungere la pace e, parlando ai giornalisti in Cina sabato, ha detto che gli Stati Uniti dovrebbero “smettere di incoraggiare la guerra” e che l’Unione Europea “deve iniziare a parlare di pace”.
Lula sostiene l’idea di un “club della pace” di Paesi neutrali, progetto lanciato durante un incontro con Olaf Scholz a gennaio, quando ha respinto la richiesta del Cancelliere tedesco che il Brasile contribuisse con munizioni allo sforzo bellico dell’Ucraina. Idea ribadita da allora sia al Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e, durante il suo viaggio a Pechino ai primi di aprile, a Xi Jinping. In questa strategia rientra anche l’invio del suo principale consigliere di politica estera, Celso Amorim, a discutere le prospettive di pace con Vladimir Putin in un viaggio mantenuto sotto silenzio a Mosca alla fine di marzo. Lula aveva dichiarato da Abu Dhabi, tappa successiva della visita a Pechino, che “(…) l’Europa e gli Stati Uniti finiscono per contribuire alla continuazione di questa guerra”, dopo aver detto un giorno prima a Pechino che gli Stati Uniti devono “smettere di incoraggiare la guerra”.
Un portavoce del Ministero degli Esteri ucraino, Oleg Nikolenko, ha detto martedì che Kiev osservava gli sforzi di Lula per risolvere il conflitto “con interesse”, ma ha criticato il governo brasiliano per aver dato lo stesso peso alla “vittima e all’aggressore”. Questi ha poi confermato che Lula è stato invitato a visitare Kyev “per comprendere le vere cause dell’aggressione russa e le sue conseguenze per la sicurezza globale”. Tutto ciò ha causato l’irritazione dell’amministrazione statunitense. “L’approccio di Lula alla questione ucraina, sia nella sostanza che nella retorica, sta causando molta sfiducia a Washington e in altre capitali occidentali in Europa”, ha detto Bruna Santos, direttrice del Brazil Institute del Wilson Center, un thinktank con sede a Washington. “Se si vuole essere presi sul serio come mediatori di pace in questo conflitto, bisogna visitare entrambe le parti. Non solo la Russia”.
Questo ha indotto Lula a un aggiustamento di tiro, condannando la “violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina” da parte della Russia, pur insistendo sulla idea della costituzione di un “club della pace” di Paesi neutrali. Il consigliere di politica estera di Lula, Celso Amorim, ha definito “assurde” le critiche degli Stati Uniti e ha ribadito che il Brasile non condivide la posizione della Russia. Il mese scorso Amorim aveva incontrato Vladimir Putin a Mosca per discutere le prospettive di pace e organizzare la visita di Lavrov a Brasília.
Due giorni dopo il ritorno dal viaggio in Cina e negli Emirati Arabi Uniti, Lula ha ricevuto a Brasilia la visita del Presidente della Romania, Klaus Werner Iohannis. L’incontro faceva parte delle celebrazioni dei 95 anni di relazioni diplomatiche tra i due Paesi. I loro Presidenti hanno discusso di questioni strategiche come il commercio tra i due Paesi, la conservazione dell’ambiente e il cambiamento climatico, nonché l’importanza di concludere l’accordo commerciale tra il Mercosur e L’Unione Europea. Lula ha anche ricevuto un invito da Iohannis a visitare la Romania. Il Presidente rumeno ha anche commentato la guerra in Ucraina, che confina con il suo Paese, e ha ringraziato il Brasile per gli sforzi compiuti per raggiungere un accordo di pace.
Intanto altri due Paesi del fronte anti-Usa, Iran e Venezuela, hanno raggiunto un accordo importante sullo sviluppo di giacimenti di petrolio e gas, sul rinnovamento delle raffinerie di petrolio e dei complessi petrolchimici venezuelani e sul commercio di petrolio. Questi documenti sono stati firmati nella capitale venezuelana, Caracas, dai ministri del Petrolio iraniano e venezuelano Javad Owji e Pedro Rafael Tellechea. In questo caso, si tratta del proseguimento di una strategia già in atto.
Nel giugno 2022 l’Iran e il Venezuela avevano firmato una “road map di cooperazione” di 20 anni durante una visita di Stato del Presidente Nicolas Maduro a Teheran. I due Paesi ricchi di petrolio e sottoposti a sanzioni da parte degli Stati Uniti si sono inoltre impegnati a rafforzare i legami bilaterali. Il Presidente venezuelano aveva incontrato il suo omologo iraniano Ebrahim Raisi al Palazzo Saadabad di Teheran.
“La politica estera della Repubblica Islamica dell’Iran è sempre stata quella di avere relazioni con Paesi indipendenti, e il Venezuela ha dimostrato di avere una resistenza incredibile contro le minacce e le sanzioni dei nemici e dell’imperialismo”, aveva detto allora Raisi, seduto accanto a Maduro. Come il Venezuela, ha aggiunto, anche l’Iran ha affrontato le sanzioni degli Stati Uniti e di altri Paesi per decenni, ma ha scelto di considerarle come un’opportunità per far progredire il Paese. E anche Khamenei aveva elogiato i legami più stretti tra i due Paesi e gli sforzi per contrastare gli Stati Uniti, e ha appoggiato il sostegno del Venezuela alla Palestina. “L’esperienza di successo dei due Paesi ha dimostrato che l’unico modo per contrastare le pesanti pressioni e la guerra ibrida degli Stati Uniti è quello di opporsi e resistere”, ha dichiarato l’ayatollah a Maduro sul suo sito web.
Maduro intende utilizzare l’esperienza dell’Iran nel settore petrolifero. L’Iran ha anche consegnato ufficialmente la seconda delle quattro petroliere Aframax ordinate dal Venezuela. Costruita da un’azienda statale, l’Aframax, lunga 250 metri, può trasportare fino a 800.000 barili di petrolio. Dal 2020, l’Iran ha aiutato a riparare e revisionare una serie di raffinerie venezuelane che hanno sofferto per decenni di cattiva gestione, scarsi investimenti e sanzioni.
Alla luce della guerra, e in vista del processo di pace, queste mosse ora vanno al di là della questione energetica, e assumono l’aspetto di un riposizionamento globale delle alleanze. Pechino e Mosca, se dovessero tacere le armi, puntano su un nuovo ordine mondiale, nel quale gli Stati Uniti, e i loro alleati, europei e non, perdano l’egemonia politica ed economica, per dar vita a un assetto, più che multipolare, di fatto bipoilare, dato il peso soverchiante che avrebbe la Cina nel fronte alternativo a quello atlantico.