Questo è l’avvio di una campagna che 46° Parallelo e l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo lanciano assieme all’Associazione Trentino con i Balcani, l’Associazione Progetto Prijedor e il Forum per la Pace e i diritti umani di Trento. Il prossimo 31 maggio vorremmo essere in una piazza a Trento per ricordare – lo spieghiamo sotto – come in Bosnia la pace si ancora lontana. Lo vogliamo fare perché sappiamo che, in realtà, troppe volte la fine di una guerra non si è tramutata nell’inizio della pace. Lo stiamo raccontando da un mese al Mag di Riva del Garda, con la mostra No War, No Peace. Lo ricordiamo come promotori della campagna per un Ministero della Pace in Italia. Il 31 maggio vuole essere un piccolo momento in comune, di condivisione e di rilancio di un impegno: costruire la pace non come alternativa alla guerra, ma come normale momento “di sistema” della vita di ogni essere umano e di ogni comunità. Partire da quello che accade a Prijedor ci pare importante.
Appello
All’inizio fu uno, uno solo. Piazzato lì davanti, in silenzio, giovane. Rimase davanti al municipio di Prijedor con la sua fascia bianca al braccio per far capire che non andava bene, per urlare – in silenzio, appunto – che la pace in Bosnia era ancora lontana.
Da allora, ogni 31maggio a Prijedor si celebra la Giornata internazionale delle fasce bianche. Lo si fa in ricordo dei cittadini non serbi obbligati nel 1992 a portarne una al braccio per essere riconoscibili. Le autorità serbe della città costrinsero i non serbi a mettere al balcone delle case un lenzuolo, per segnalare chi le abitava. Poi, furono portati al massacro. La manifestazione coinvolge laggiù, nella parte serba di quella che chiamiamo Bosnia Herzegovina, migliaia di persone. Altre migliaia scendono in strada il 31 maggio, alle 18, in altre città d’Europa per dimostrare che non vogliamo dimenticare, che – come dicono a Prijedor – quello che è accaduto in quegli anni “ci riguarda”.
Ci riguardano le vittime dimenticate, i bambini uccisi, le donne e gli uomini deportati ovunque siano, in Bosnia e in altre parti del mondo. Ci riguarda ogni luogo e ogni tempo in cui le armi hanno cessato di sparare, ma pace e ricostruzione sono rimaste sulla carta, solo una teoria. Ci riguarda il fallimento della pace, della costruzione della pace. Sono troppe le terre nel mondo in cui – come la Bosnia – il silenzio delle armi non ha portato il suono della pace: Kosovo, Cipro, Corea, Colombia, le terre d’Africa.
Proprio perché tutto questo “Ci riguarda” abbiamo deciso di scendere in pazza anche noi, il 31 maggio, alle 18. Lo faremo con una fascia bianca al braccio, stendendo un lenzuolo dal balcone, in silenzio. Lo faremo assieme a tutti coloro che ci voglio stare. Lo faremo per ricordare le troppe occasioni mancate, le molte volte in cui ci siamo illusi che bastasse zittire le armi per sistemare le cose. Lo faremo per dare un po’ di giustizia a chi è stato ucciso, derubato della vita o della terra, esiliato e dimenticato. Lo faremo per tutti coloro che non possono tronare a casa propria, perché non hanno più una casa. Lo faremo perché è giusto. Lo faremo” Perché ci riguarda”
Raffaele Crocco
Presidente Associazione 46° Parallelo
Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo