L’Africa al centro degli appetiti. Il Punto

Il continente sempre più importante nello scontro fra pretendenti al governo mondiale già in conflitto su altri scacchieri

di Raffaele Crocco

Si parla di Africa. Il continente è protagonista nel Risiko mondiale che “filoamericani” e “antagonisti” giocano per accaparrarsi spazi e risorse. In poco più di due anni, sono dieci i golpe tentati. Alcuni sono riusciti ed hanno portato al potere, soprattutto lungo la fascia centrale del Continente, giovani militari, in qualche modo rappresentanti di un neonazionalismo africano che rivendica identità e libertà di scelta. Ora, all’elenco si potrebbe aggiungere il Ciad.

Le agenzie raccontano di un Paese nel caos in queste ore. Yaya Dillo, leader dell’opposizione, avrebbe organizzato un attacco militare contro l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza dello Stato, in pratica i servizi segreti. L’attacco sarebbe stato respinto dalle forze fedeli al presidente Idriss Déby, ma si contano i morti nelle strade della capitale N’Djamema. Il sito Tchad One scrive che la sede del partito politico di Dillo sarebbe stata bombardata dalle forze armate ciadiane, uccidendo forse lo stesso capo dell’opposizione.

La situazione appare confusa, ma sarebbe l’ennesimo tentativo di cambiamento in un Africa sempre più centrale nello scontro fra pretendenti al governo mondiale. Troppo interessante un Continente che è ancora in espansione demografica – l’unico in questa fase – e che ha minerali fondamentali alle industrie e vaste terre ancora potenzialmente coltivabili. Così, lo scontro è anche qui e anche in Africa combattuto per delega. Schierando anche i mercenari. La presenza degli uomini della russa Wagner – oggi ristrutturata dopo la morte mai chiarita del fondatore Prigozhin – è ormai consolidata, nota e tragica, almeno per gli abitanti dei Paesi africani. I mercenari russi sono certamente in Mali, in Niger e in Repubblica Centrafricana. Qui, però, qualcosa sta cambiando. Negli ultimi mesi sono arrivati anche gli uomini della Bancroft global development. Ufficialmente è una società di bonifica di mine, fondata nel 1999 da Michael Stock e con sede a Washington. La ragione sociale ufficiale è fornire formazione e capacità di sviluppo in regioni dilaniate da conflitti armati. Nella realtà, le agenzie internazionali di inteligence spiegano che i militari del gruppo sono mercenari, pronti ad intervenire nella Repubblica Centrafricana per spodestare i soldati del gruppo Wagner. Nel luglio del 2023, la Bancroft ha raggiunto un accordo con il governo. Si tratterebbe di un “cambio della guardia” poco gradito a Mosca, che nella regione punta a convincere i Paesi africani a rinunciare all’uso dei dollari o degli euro per le transazioni commerciali internazionali.

Un quadro complesso, che si aggancia alla tragedia di Gaza. Mentre a livello internazionale continua il ballo delle potenze e lo schieramento armato dei sostenitori, il bilancio dei civili morti ha raggiunto cifre spaventose. Si parla di almeno 30mila morti, di cui quasi la metà bambini. Le Nazioni Unite, sempre più impotenti sul piano politico, ma ancora teoricamente formidabili nell’azione umanitaria, denunciano che cibo e medicinali continuano a essere bloccati ai valichi per Gaza. Per la prima volta, un po’ di rifornimenti sono stati paracadutati in settimana. Intanto, mentre prosegue la trattativa per una possibile tregua nella Striscia, i rappresentanti delle varie fazioni politiche palestinesi sono a Mosca per discutere di un governo di unità nazionale, che possa gestire il dopoguerra. Ci sono l’Fatah, Hamas, Jihad islamica e almeno altri dieci gruppi politici seduti attorno ad un tavolo per decidere che fare. Si cerca un punto di incontro, ma il timore è che la creazione di un governo tecnico sostenuto anche da Hamas possa andare incontro al boicottaggio internazionale.

Putin sembra fare il saggio con la tragedia palestinese, ma intanto chiude le porte ad ogni negoziato con l’Ucraina. I giorni trascorsi dall’invasione sono 736, ma di pace non si parla. “Per ora nessuna possibilità di trattativa”, ha dichiarato la vicepremier ucraina Irina Vereshchuk, aggiungendo che al suo Paese non mancano i soldati, ma le armi per arrestare la Russia. Insomma, pace lontana e Russia che comunque pare in difficoltà, almeno sul piano politico regionale. Sotto la spinta del Cremlino, si temeva la dissoluzione della Moldavia, questa settimana, con una richiesta ufficiale di aiuto e di annessione alla Russia da parte della Transnistria, l’autoproclamata entità separatista filorussa, da trent’anni presente sul territorio moldavo. In realtà, è arrivato solo un generico appello alla protezione, che ha smontato il lavoro di propaganda che il Cremlino aveva alimentato nelle ultime settimane.

Uno stallo, quindi. Sull’altro fronte, Kiev e il presidente Zelensky hanno problemi con la Polonia. Il primo ministro polacco, Donald Tusk, non ha escluso “una chiusura temporanea” del confine con l’Ucraina per il passaggio delle merci. L’oggetto del contendere è il grano ucraino a basso prezzo. I contadini polacchi da mesi che chiedono l’imposizione di dazi. Per ora, la soluzione trovata è diversa: chiudere, appunto, la frontiera.

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