Le nomine di Trump e il Risiko mondiale. Il punto

Scelte che preoccupano alleati e oppositori

di Raffaele Crocco

Mentre si combatte e si muore, sul tavolo del Risiko mondiale sono gli Stati Uniti a muovere pedine e a frullare i dadi. E sono pedine che lasciano perplessi gli avversari, gli “antagonisti” e preoccupano gli alleati, i “filomaericani”. Sono le nomine di Trump a tenere banco e a far calare il gelo. L’ex e ora neoeletto Presidente ancora non governa, ma sta componendo la squadra che lo affiancherà e sta indirizzando in modo netto la politica e la guerra. Preoccupa gli Stati Maggiori alleati, ad esempio, la nomina dell’ex militare e fino a qualche giorno fa conduttore televisivo Pete Hegseth a capo del Pentagono. Ex ufficiale della Guardia Nazionale in servizio in Afghanistan, 44 anni, padre di sette figli, conduttore su Fox News, Hegseth dovrà dirigere il Dipartimento della Difesa di quella che è ancora considerata la prima potenza militare del Pianeta, con un budget che supera gli 800 miliardi di dollari e impiega circa 1,3 milioni di soldati in servizio attivo e altri 1,4 milioni nella Guardia Nazionale, nella Riserva dell’Esercito e tra dipendenti civili in tutto il Mondo.

Altra nomina fondamentale nello scacchiere internazionale è quella dell’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, a nuovo ambasciatore degli Stati Uniti in Israele. Huckabee non riconosce l’esistenza di insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata. Una posizione che rende chiara la politica di Trump nella regione. La nomina è stata accolta con entusiasmo dal ministro degli Esteri israeliano, Guideon Saar: “non vedo l’ora di iniziare la nostra collaborazione”, ha scritto su X. In questi giorni, il politico israeliano aveva dichiarato che la prospettiva della “creazione di uno Stato palestinese non è una posizione realistica”. Sui palestinesi – è l’impressione di molti osservatori internazionali – sta calando la pietra tombale. In una sola giornata, il 12 novembre, almeno 63 persone sono morte negli attacchi israeliani a Gaza. La guerra totale di Tel Aviv nello stesso giorno ha ucciso 33 persone in Libano.

A Riad, i leader arabi e musulmani si sono riuniti e hanno rinnovato l’appello all’unità dei Territori palestinesi in un unico Stato, che includa Gerusalemme Est. Lega Araba e dell’Organizzazione per la cooperazione islamica, alla fine del vertice hanno condannato il “genocidio” commesso da Israele nella Striscia e gli attacchi israeliani all’Onu. Hanno, poi, rilanciato la richiesta alla comunità internazionale perché “interrompa l’invio di armi allo Stato ebraico”.

Secondo gli analisti, pur nella prudenza delle posizioni, i rapporti positivi che Israele e molti Paesi islamici avevano costruito in questi anni si stanno deteriorando, aumentando il rischio di futuri conflitti nell’area. Intanto, gli Stati Uniti hanno presentato al presidente dell’autorità palestinese, Abu Mazen, una proposta sulla futura amministrazione della Striscia di Gaza. Durante un incontro a Ramallah, il sottosegretario di Stato statunitense, Barbara Leaf, ha dato ad Abu Mazen quello che in gergo viene chiamato un “no paper”, un documento non ufficiale. Propone la creazione a Gaza di una “delegazione internazionale temporanea” a tempo, che sarà chiamata dall’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) a governare Gaza. Non ci sono state reazioni ufficiali, ma è trapelato il “non gradimento del piano” da parte dei vertici palestinesi.

Più lontano, continua la guerra nel Mar Rosso. Aerei statunitensi hanno attaccato strutture di stoccaggio di armi degli Houthi nel Golfo di Aden, nello Yemen. La risposta è stata immediata: gli Houthi hanno preso di mira due navi della Marina degli Stati Uniti, con diversi droni e missili, mentre attraversavano lo stretto di Bab el-Mandeb.
Nell’altro scenario di guerra, in Ucraina, la Russia appare sempre più attiva. Sono passati 995 giorni dall’invasione e il Cremlino fa sapere che “la Russia continuerà la cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina fino a che tutti gli obiettivi stabiliti saranno raggiunti”. Una posizione che nasce da una possibile valutazione politica. L’arrivo di Trump alla guida degli Stati Uniti potrebbe accelerare la corsa verso un negoziato e il termine della guerra. Putin vuole trovarsi in posizione di forza, con un netto vantaggio militare da gettare sul tavolo delle trattative. In questo, potrebbe essere aiutato dalla nuova posizione della Camera dei Deputati statunitense. Lo speaker, il repubblicano Mike Johnson, ha affermato che “non saranno più inviati soldi all’Ucraina”.

Tutto questo accade mentre la Russia sta ammassando forze nel Kursk – la regione russa occupata in agosto da un blitz ucraino – senza bisogno di ritirare soldati dall’Est dell’Ucraina. Lo dicono gli osservatori militari, aggiungendo che questo permetterà a Mosca di premere su più fronti contemporaneamente. Le truppe russe avrebbero già recuperato parte del territorio conquistato dall’Ucraina nel Kursk. Non sarebbe iniziato l’assalto definitivo, ma le postazioni ucraine sono martellate con attacchi missilistici e fuoco di artiglieria. Kiev sostiene di aspettarsi il contrattacco entro pochi giorni, sostenuto anche dalle truppe nordcoreane, da tempo presenti nell’area. Il timore dei vertici militari ucraini è di non essere solo cacciati dal territorio russo, ma che lo slancio possa portare i russi in territorio ucraino. E a quel punto, le cose per Kiev si farebbero davvero difficili.

Tags:

Ads

You May Also Like

In Kosovo riesplode la tensione

Un commando di terroristi serbi prende d’assalto un villaggio e si barrica in un monastero. Negli scontri a fuoco durati l’intera domenica muoiono un poliziotto kosovaro e sette assalitori. UE e NATO si dicono pronte a intervenire

di Alessandro De Pascale Sabato 23 settembre, notte. Nord del Kosovo, area di confine ...

Tunisia: la rivolta del pane

Senza sovvenzioni statali i costi ricadono sulla popolazione, mentre l'inflazione aumenta e i prodotti scarseggiano. La crisi si fa sempre più forte

La protesta continua ad infiammare la Tunisia, scossa tra scioperi e proteste. Il 19 ...

Nigeria, ancora una strage

L'attacco sferrato dal gruppo Boko Haram sulla folla che aveva appena partecipato ad una veglia funebre è il più grave del 2019

Per la Nigeria il gruppo terroristico Boko Haram continua ad essere un problema grave ...