Dopo sedici anni, Angela Merkel non si è presentata alle elezioni tedesche valide per rinnovare il parlamento e scegliere il nuovo Governo. Dopo sedici anni, il partito cristiano-democratico di cui la Cancelliera fa parte non è uscito dal voto come vincitore, lasciando lo scettro – seppur di poco – ai socialdemocratici.
Basterebbe questo per indicare quanto le elezioni di domenica abbiano segnato un punto di svolta per la Germania. Dopo anni in cui recarsi alle urne sembrava una semplice formalità e gli unici dubbi riguardavano le alleanze e la nuova composizione del governo Merkel, questa volta Berlino si è svegliata dopo il voto in un clima di incertezza. Non si sa quali formazioni riusciranno a formare un governo: la Spd ha il maggior numero di seggi e proverà a convincere Verdi e Liberali, ma questi verranno corteggiati anche dalla Cdu e non è da escludere nemmeno una nuova Große Koalition tra i due maggiori partiti. Dal patto di governo dipenderà anche la scelta del cancelliere: il socialdemocratico Olaf Scholz parte davanti a tutti, ma nel caso fallisse il suo tentativo di formare una squadra la carica potrebbe essere offerta a Armin Laschet. La campagna elettorale disastrosa di quest’ultimo, poi, potrebbe portare il centrodestra ad indicare una figura alternativa, con maggiori speranze di convincere le altre forze politiche a coalizzarsi.
Se il voto non è riuscito a chiarire quale sarà il futuro politico della Germania, ha invece dato alcune indicazioni precise per quanto riguarda la situazione attuale. La prima riguarda, purtroppo, l’affermazione dell’estrema destra tedesca. Alternativ für Deutschland si è fermata appena sopra al 10 percento, perdendo oltre due punti rispetto a quattro anni fa. Ma se da un lato il risultato certifica che la crescita del partito si è arrestata, come del resto si era capito dai sondaggi degli ultimi due anni, dall’altro mostra anche come l’ultradestra abbia una base elettorale solida, radicata. La pandemia ha tolto ossigeno ai partiti populisti di tutta Europa e AfD ha condotto una campagna elettorale per nulla esaltante: nonostante questo, la formazione xenofoba ha ottenuto una percentuale significativa. Soprattutto, le elezioni hanno confermato ancora una volta il consenso di AfD nell’ex Germania Est, dove la destra è in alcuni casi addirittura la prima forza politica.
Dall’altro lato dello schieramento, i Verdi hanno fatto registrare il loro miglior risultato politico a livello nazionale, fermandosi poco sotto il 15 percento. Paradossalmente, però, sono gli ambientalisti ad essere i più delusi dal voto. Le loro quotazioni erano cresciute nel corso dell’ultima legislatura fino a quando, nella primavera scorsa, il partito era apparso l’indiziato numero uno alla cancelleria. Da quel momento, però, i Grünen hanno sbagliato ogni mossa. Ora a preoccupare non è tanto il terzo posto finale, che lascia aperta ogni possibilità di partecipazione al governo, quanto il contesto in cui questo è maturato. L’attenzione al cambiamento climatico e ai problemi ambientali non è mai stata così alta, in Germania, tanto più che negli ultimi mesi il Paese è stato colpito prima da una lunga siccità, poi dalle inondazioni. Questa preoccupazione non si è tradotta, però, in un voto verde: in molti hanno preferito i socialdemocratici, percepiti come una forza più in grado di governare.
A preferire i Grünen sono stati soltanto i giovani. Del resto, le urne hanno mostrato per l’ennesima volta come il voto delle nuove generazioni sia estremamente diverso da quello degli anziani e come esista una spaccatura nella società, a livello politico. Tra chi ha meno di trent’anni i Verdi rappresentano appunto il primo partito, con oltre il venti percento dei consensi; seguono a stretto giro i liberali, che intercettano gran parte dei voti del centrodestra, e riceve un sostegno maggiore la sinistra di Die Linke. Tra i pensionati resistono invece i partiti di massa: sia i socialdemocratici che la Cdu possono infatti contare su oltre un terzo dei consensi, mentre tutti gli altri devono accontentarsi di percentuali estremamente ridotte.
Questa analisi si deve al magazine Il Fendinebbia
In copertina l’ex cancelliera Angela Merkel