Cina – Usa: la guerra dei microchip

Conflitti commerciali. La battaglia sui semiconduttori e le innovazioni in corso. Il ruolo di Taiwan

di Maurizio Sacchi

Mentre le guerre vere divampano, cosa succede in quelle commerciali, a cui si attribuiva tanta importanza poco fa?Le sanzioni anti-Cina, in particolare, hanno bloccato l’ascesa del colosso orientale, di cui si voleva impedire il sorpasso sull’economia degli Stati Uniti? La risposta è: no. In questo articolo ne esaminiamo un aspetto. Un settore strategico soggetto a sanzioni nei confronti della Cina è quello dei microchip, elemento indispensabile sia nella produzione di oggetti della vita di tutti i giorni, come nella tecnologia alla base dei  satelliti, delle reti di comunicazione,  e degli  armamenti. Un elemento strategico, e sottoposto a stringenti sanzioni da parte Usa.

La taiwanese TSMC, con sede nella città di Hsinchu, produce circa il 90% dei semiconduttori super-avanzati del Mondo. Si tratta dei “microchip”: componenti fondamentali per il funzionamento di qualsiasi cosa, dagli smartphone alle lavatrici. L’azienda, che  rifornisce giganti tecnologici globali come Apple e Nvidia, ha sempre mantenuto la produzione più tecnologicamente  avanzata  a Taiwan, ma negli ultimi anni, a causa dell’incertezza, spesso vicina ai venti di guerra,  che grava  sull’isola, sta cominciando a spostare parte della sua produzione altrove. L’anno scorso ha annunciato la costruzione di uno stabilimento a Dresda, in Germania, il primo in Europa. E ora  sta aumentando la sua produzione in Giappone, mentre costruirà un secondo impianto di produzione di semiconduttori, o fab, tramite la Japan Advanced Semiconductor Manufacturing (JASM), una società controllata a maggioranza da TSMC. L’impianto dovrebbe essere operativo entro la fine del 2027. L’investimento complessivo in Giappone supererà i 20 miliardi di dollari “con il forte sostegno del governo giapponese”, si legge nel comunicato ufficiale. Anche Toyota Motor e Sony hanno investito nell’impresa.

Negli Stati uniti la TSMNC sta incontrando ostacoli e  ritardi nel suo progetto in Arizona. L’azienda aveva annunciato nel 2022 la costruzione di un secondo impianto di semiconduttori nello stato sud-occidentale degli Stati Uniti, che si sarebbe aggiunto ai piani per una fabbrica già esistente e avrebbe portato il suo investimento complessivo in Arizona da 12 a 40 miliardi di dollari.  Malgrado l’investimento sia stato lodato dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden come un segno del fatto che l’industria manifatturiera statunitense “è tornata”, la TSMC ha dichiarato che l’impianto sarà operativo solo nel 2027 o nel 2028, rispetto alle precedenti aspettative di un inizio nel 2026.

Lo spostamento della produzione ha molto a che vedere con la Cina. Se gli attriti intorno a Taiwan appartengono alla sfera della guerra vera, il conflitto che riguarda i componenti essenziali del mondo globalizzato è da ascrivere alle guerre commerciali che vedono Washington e Pechino in aperto scontro da anni, malgrado il recente accenno di disgelo marcato dall’incontro fra i due presidenti Biden e Xi Jinping. 

Negli ultimi due anni, le sanzioni statunitensi hanno bloccato l’industria cinese dei semiconduttori. Se da un lato le aziende cinesi possono ancora produrre chip per gli usi attuali, dall’altro non sono autorizzate a importare determinate tecnologie di produzione di chip, rendendo quasi impossibile la produzione di prodotti più avanzati. Una tecnologia relativamente nuova, nota come chiplet, sta offrendo alla Cina un modo per aggirare i divieti di esportazione, in particolare  dagli Stati Uniti.  Nell’ultimo anno, sia il Governo cinese sia il settore privato si sono concentrati sull’industria nazionale dei chiplet.  E ora alcune startup di chiplet, come Polar Bear Tech, hanno già realizzato i loro primi prodotti.

A differenza dei chip tradizionali, che integrano tutti i componenti su un unico pezzo di silicio, i chiplet adottano un approccio modulare. Ogni chiplet ha una funzione dedicata, come l’elaborazione o l’archiviazione dei dati; vengono poi collegati per diventare un unico sistema. Poiché ogni chiplet è più piccolo e più specializzato, è più economico da produrre e meno soggetto a malfunzionamenti. Allo stesso tempo, i singoli chiplet di un sistema possono essere sostituiti con versioni più recenti e migliori per migliorare le prestazioni.

I semiconduttori sono solo una voce, per quanto strategica, dell’economia globalizzata. Si va diffondendo l’opinione, nei media occidentali, che comunque l’economia della Cina sia in crisi. Ma nonè così. Lo spiega, su Le Monde diplomatique del dicembre 2023, Nathan Spenner. Che titola infatti il suo intervento così: “L’ economia cinese in panne?”. Il punto interrogativo trova risposta in una serie di analisi e numeri: che sottolineano non solo li tasso di crescita – di gran lunga superiore a tutto il blocco Usa-Ue – ma anche i punti di forza strutturali, fra cui l’investimento pubblico e privato nella ricerca e sviluppo, anch’esso di gran lunga superiore ai Paesi europei ed americano., e le scorte di denaro pubblico, superiori ai 40 mila miliardi di dollari, anche questo un record. 

Se questo é il risultato della guerra commerciiale, e visto il costo drammatico, sotto gli occhi di tutti, delle guerre vere, che soluzioni abbiamo per dirimere le divergenze attuali e future? Forse quello di cercare soluzioni che, al posto della parola “guerra” si basino sulla pace.

Nell’immagine da Wikimedia, il satellite per la telecomunicazione Iridium 

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