Fosse comuni e altre atrocità

Tredici fosse comuni sono state rinvenute dal mese di marzo nella Repubblica Democratica del Congo. In tutto, da agosto, sarebbero ventitrè i ritrovamenti.

Macabre scoperte unite a violenze, uccisioni e stupri costanti. E’ questa l’attualità del Paese, in particolare nella zona del Kasai, una delle province centrali.

Secondo Agenzia Nova sarebbero almeno 400 le persone rimaste uccise negli scontri tra l’esercito e il gruppo ribelle dei seguaci di Kamwinsa Nsapu.

Tutto è iniziato nell’agosto 2016, quando Nsapu, un capo locale e figura simbolo è stato ucciso da militari. Da lì nella regione è arrivato l’esercito e le violenze non si sono fermate.

Immagini e video di una atrocità inaudita sono arrivate alla redazione de Il Fatto Quotidiano, che ha pubblicato la testimonianza di un volontario italiano.

Il materiale video-fotografico mostra a più riprese le violenze compiute dall’esercito nei confronti della popolazione.

Nel mese di marzo due esperti inviati dalle Nazioni Unite per investigare sulle fosse comuni, Michael Sharp, 34 anni, statunitense, e Zaida Catalan, 36 anni, svedese di origine cilena, sono stati ritrovati morti insieme all’interprete congolese Bete Tshintela.

Intanto il paese sta affrontando una delicata fase politica. Al momento alle redini della fragile ‘Repubblica’ c’è  Joseph Kabila  al suo secondo e ultimo mandato.

Entro il 2017, secondo un accordo raggiunto lo scorso dicembre, ci dovrebbero essere le elezioni.

La regione al centro degli scontri è quella di origine di Tshisekedi, lo storico oppositore di Kabila, morto da poco e a cui è subentrato il figlio.

Nel  Kasai c’è una forte opposizione al presidente. C’è quindi chi ritiene che questi scontri e questa mattanza da parte dei soldati abbia come ragione principale quella di mettere a tacere le voci contrarie.

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