Nigeria al voto tra esodi e violenza

Migliaia di morti e di sfollati in un Paese sempre più costretto alla fuga. Alcune delle situazioni più critiche mentre si aspetta di sapere chi sarà eletto alla guida dello Stato

In Nigeria, mentre a una settimana dalle elezioni del 16 febbraio, si continua a morire. Uno dei protagonisti è ancora una volta il gruppo Boko Haram. Secondo l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim) da novembre 2018 a gennaio 2019 sono quasi 60mila le persone fuggite dal Nord-Est del Paese a causa degli attacchi del gruppo terroristico.

Dalle stime dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, dal 2009, anno dell’inizio della crisi, più di 27mila persone rimaste vittima negli stati di Borno, Adamawa e Yobe e migliaia di donne sono state rapite. Secondo Amnesty International, oltre 1.800 persone sono morte, soltanto nel 2018, a causa delle violenze dei gruppi legati a Boko Haram (ad oggi si contano due fazioni, di cui una più vicina al gruppo Stato Islamico) e degli scontri fra agricoltori e pastori.

L’ultimo attentato di Boko Haram è del 14 gennaio 2019. Un commando del gruppo ha ucciso almeno 60 persone nella città frontaliera di Rann, nel Nord-Est del Paese. A denunciare questa nuova strage è stata Amnesty International, che ha diffuso tramite Twitter immagini satellitari della località colpita. Alcuni appartenenti al gruppo sono arrivati a bordo di motociclette e hanno dato alle fiamme centinaia di edifici.

Raffaele Masto, su Africa Rivista, fa il punto sulla migrazione di chi sta oggi fuggendo da Boko Haram. La meta principale è il Lago Ciad. Qui migliaia di sfollati si trovano costretti a tagliare alberi per produrre energia e a consumare acqua, minacciando l’ambiente. Il lago era già vittima del cambiamento climatico: la sua superficie è passata infatti dai 20mila chilmetri quadrati di venti anni fa ai soli duemila odierni.

Ad oggi intorno al Lago sono accalcate circa due milioni e 400mila persone. Di questi, secondo l’Unhcr, il 55 per cento sono donne e bambini. Unhcr descrive così sul proprio sito web la situazione: “Ad oggi, la regione del bacino del lago Ciad è alle prese con una complessa emergenza umanitaria. Circa 2,4 milioni di persone sono state sradicate, tra cui oltre 1,9 milioni di sfollati interni nella Nigeria nord-orientale, oltre 471.000 sfollati da Camerun, Ciad e Niger e altri 228.000 rifugiati”. La crisi è stata esacerbata dall’insicurezza alimentare provocata dai conflitti e dalla grave malnutrizione, che è salita a livelli critici.

Nel gennaio 2019 l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha lanciato un nuovo appello ai Paesi della regione a mantenere aperte le frontiere per i rifugiati che provengono dalla Nigeria. L’area è quindi oggetto di sempre più imponenti esodi e spostamenti forzati. Pochi giorni fa, infatti, abbiamo raccontato l’esodo di migliaia di persone che dal Camerun sono arrivate in Nigeria a casa delle violenze della regione autonoma autoproclamata Ambazonia.

Insomma, chiunque vinca le elezioni della prossima settimana, sarà chiamato ad affrontare una situazione drammatica. Sabato 16 febbraio gli oltre 80 milioni di elettori sceglieranno tra 78 candidati, anche se è chiaro che il duello vero e proprio sarà tra il presidente in carica Muhammadu Buhari, candidato dell’Apc (All Progressive Congress) e Atiku Abubakar, il candidato del Pdp (People’s Democratic Party). Buhari è stato una figura di spicco nell’esercito nigeriano e nel 1966 fu tra gli autori del colpo di stato che portò al potere il colonnello Murtala Muhammed. Pare però che questa volta non goda più dell’appoggio di tutto il comparto militare, in parte schierato con Abubakar. Atiku Abubakar , ex doganiere, è imprenditore nel settore del petrolio e delle telecomunicazioni. E’ stato più volte accusato di corruzione ma non è mai finito in tribunale. E’ la terza volta che si candida alle presidenziali.

(Red/Al.Pi.)

* In copertina l’immagine riportata da Amnesty International dell’attacco alla città di Rann il 14 gennaio 2019

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