La decisione ufficiale era attesa ed era ormai solo questione di tempo. Ed è arrivata ieri: Parigi e i suoi alleati, coinvolti nella lotta contro le milizie islamiste in Mali dal 2013 ritireranno le loro truppe dal Paese africano dopo quasi un decennio. Lo ha annunciato il presidente Emmanuel Macron. Il capo di Stato francese ha negato che la missione sia stata un fallimento e ha insistito sul fatto che la Francia resterà impegnata a combattere le insurrezioni islamiste nella regione. Ha anche aggiunto che il Niger si è detto disposto a ospitare alcune delle forze in ritirata.
Alla base della decisione ci sono rapporti che si sono deteriorati coi golpisti maliani, Paese sospeso dall’Ecowas proprio per via del colpo di Stato militare. Macron ha affermato che la decisione di andarsene è infatti il seguito della rottura delle relazioni diplomatiche, in mezzo a una crescente ostilità antifrancese da parte della giunta militare al governo del Paese. “Non possiamo rimanere militarmente impegnati a fianco di autorità la cui strategia e obiettivi nascosti non condividiamo”, ha detto Macron giovedì in una conferenza stampa a Parigi.
La decisione del ritiro si applica sia alla forza francese Barkhane nel Sahel sia alla forza europea Takuba. Macron ha spiegato che che le basi francesi di Gossi, Menaka e Gao in Mali saranno chiuse entro i prossimi quattro o sei mesi e ha promesso un ritiro “ordinato”. Quanto a Bamako, il Mali ha invece proposto che gli Stati europei che partecipano alla forza Takuba continuino a cooperare bilateralmente. Ma i rapporti sono tesi: l’Occidente accusa il Mali di aver utilizzato i servizi del controverso gruppo mercenario russo Wagner per rafforzare la sua posizione, una mossa che dà a Mosca un nuovo punto d’appoggio nella regione e che complica anche i negoziati sull’Ucraina in cui la Francia ha tentato di ritagliarsi uno spazio.
Nel testo le mappe operative delle due missioni africane. In copertina un soldati francesi durante un operativo