Migranti, geopolitica della disperazione

di Ilario Pedrini

Dopo le polemiche sulle Ong e i limiti posti dal decreto Minniti sullo “spazio di manovra” nelle operazioni di salvataggio in mare, arriva la cosiddetta «task force ad alto livello delle forze di sicurezza».

Obiettivo dichiarato: accrescere la cooperazione dell’Italia con Libia, Ciad, Mali e Niger in tema di migranti. La prima riunione è stata annunciata per i prossimi giorni a Roma. Si tratta di un vertice che vedrà la presenza del ministro dell’interno Marco Minniti e dei colleghi dei quattro Paesi africani che compongono con l’Italia la «cabina di regia».

Il primo punto dell’accordo raggiunto dal minstro – riporta l’agenzia Adnkronos – sarebbe il rafforzamento della «capacità di controllo dei confini marittimi e terrestri, attraverso l’attivazione di meccanismi a supporto della formazione e della operatività delle guardie di frontiera».

Si parla di «azioni concrete tese a convincere i Paesi di origine a collaborare». Il tutto per implementare i controlli e il rimpatrio volontario assistito garzie al sostegno finanziario e tecnico della Ue.

I cinque ministri hanno ribadito «il sostegno all’accordo di pace tra le tribù del sud della Libia» e riaffermato «l’importanza di sostenere la Libia nella creazione di una guardia di frontiera». Si tratta di una dichiarazione di intenti che sa di “alfabeto diplomatico» con tanto di riferimento alla necessità di «effettuare ogni sforzo utile a sostenere ogni iniziativa in favore dello sviluppo di una economia locale che sia alternativa a quella collegata ai traffici illeciti».

Parole e soldi. A Roma – al Viminale – si è tenuta intanto una riunione tra i ministri dell’Interno italiano Minniti e quello libico Aref Khoja con i sindaci delle municipalità libiche per «individuare progetti di sviluppo e possibili canali di finanziamento, attraverso un vero e proprio organico piano di investimento che possa avvalersi anche dei fondi del Trust Fund dell’Unione europea per l’Africa».

Non manca l’appello alle Nazioni Unite. «I cinque ministri – scrive sempre l’Adnkronos – hanno anche chiesto un “maggiore coinvolgimento di Oim e Unhcr con l’obiettivo di realizzare in Niger e Ciad e di migliorare in Libia i centri di accoglienza per migranti irregolari, coerentemente con il proprio impianto legislativo, con l’obiettivo di uniformarli agli standard umanitari internazionali”».

Rafforzare gli Stati. «Per l’azione di contrasto al terrorismo e ai trafficanti – è stato detto – è indispensabile rafforzare le istituzioni statuali di ogni singolo Paese». Si punta sull’azione della guardia costiera libica».

Scontro tra Ong e autorità libiche. «La Marina libica, in un comunicato, torna sulla questione della creazione di una zona di ricerca e soccorso (Sar) e sulla conseguente decisione di alcune organizzazioni non governative di sospendere la loro attività nel Mediterraneo – scrive il Fatto Quotidiano – (…) Medici Senza Frontiere, Save the children e Sea Eye sono le tre Ong che dal 13 agosto hanno “temporaneamente sospeso”  le missioni di salvataggio in mare.

Il motivo della loro decisione è legato – hanno spiegato – ai crescenti rischi per la sicurezza, proprio alla luce della decisione libica di istituire una zona di ricerca e soccorso nella quale nessuna nave straniera avrà il diritto di accedere a meno che non faccia “richiesta espressa alle autorità” libiche. La creazione di una zona Sar è “diritto legittimo dello Stato della Libia, garantito dalle leggi e dai codici internazionali”, replica la Marina di Tripoli, specificando che la sospensione dell’attività delle Ong “non ci riguarda affatto”. “Quello che ci tocca  – prosegue la nota – è il tono ostile che usano contro di noi e la retorica che usano come strumento per guadagnarsi la simpatia degli altri e allo stesso tempo farci fare brutta figura”».

Dubbi sull’affidabilità dei libici. Dalle pagine del Manifesto la deputata europea Barbara Spinelli (gruppo Gue-Ngl) solleva una serie di dubbi. Qui riportiamo i primi tre punti:
1) Come può la Libia, la cui sovranità sarà, secondo il governo italiano, integralmente garantita, «controllare i punti di imbarco nel pieno rispetto dei diritti umani», quando non è firmataria della Convenzione di Ginevra, dunque non è imputabile se la viola?

2) Come può dirsi rispettata la sovranità in questione, quando di fatto quest’ultima non esiste? È infatti evidente che il governo di Fayez al-Sarraj non esercita alcun monopolio della violenza legittima – presupposto di ogni autentica sovranità – come si evince dalla condanna dell’operazione militare italiana ed europea da parte delle forze politiche e militari che fanno capo al generale Khalifa Haftar.

3) Come può esser garantito il pieno “controllo” dell’Unhcr e dell’Oim sugli hotspot da costruire in Libia, e rendere tale controllo compatibile con la sovranità territoriale libica affermata nella risoluzione parlamentare? E come possono Unhcr e Oim gestire “centri di protezione e assistenza” in un Paese in cui, stando a quanto dichiarato il 16 maggio dallo stesso direttore operativo di Frontex, Fabrice Leggeri, «è impossibile effettuare rimpatri», visto che «la situazione è tale da non permettere di considerare la Libia un Paese sicuro»?

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